I giudici del tribunale di Catanzaro hanno ammesso l'utilizzo delle intercettazioni telefoniche ed ambientali svolte nel corso delle indagini sugli attentati del 2010 contro la sede della Procura generale di Reggio Calabria, contro l'abitazione del Procuratore generale Salvatore Di Landro e per l'intimidazione all'ex procuratore ed ora capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone,. Nel processo per le bombe sono imputati Luciano Lo Giudice, fratello del boss e collaboratore di giustizia Antonino condannato il 5 ottobre scorso per le bombe di Reggio alla pena di 6 anni e 4 mesi; Antonio Cortese e Vincenzo Puntorieri, questi ultimi ritenuti gli esecutori materiali degli attentati. I difensori degli imputati avevano avanzato un'eccezione circa la non utilizzabilità delle intercettazioni. I giudici hanno deciso di rigettare l'eccezione difensiva. Nel corso dell'udienza di stamane il pubblico ministero, Gerardo Dominijanni, ha anche presentato una serie di atti processuali e sentenze che riguardano la cosca dei Lo Giudice. Il Pm ha poi chiesto la sospensione dei termini di custodia cautelare ed i giudici si sono riservati di decidere. Il processo è stato poi aggiornato al 19 novembre quando sarà affidato l'incarico per la trascrizione delle intercettazioni e saranno sentiti i primi otto testi dell'accusa. Al processo per i tre imputati si è giunti dopo le dichiarazioni di Antonino Lo Giudice che si è autoaccusato di essere il mandante degli attentati del 2010 a Reggio. Nino Lo Giudice ha iniziato a collaborare dopo essere stato arrestato per altri motivi e, per quanto riguarda le bombe e l'intimidazione, ha chiamato in causa anche il fratello, Luciano Lo Giudice, Antonio Cortese, considerato dagli investigatori l'armiere della cosca, e Vincenzo Puntorieri. (ANSA).
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