Catanzaro, Crotone, Vibo

Martedì 30 Aprile 2024

Don Salvatore, il
parroco che rivoluzionò
processione di Pasqua

Il parroco di Stefanaconi, don Salvatore Santaguida, viene ricordato nel piccolo paesino del vibonese, come il sacerdote che cambiò le regole della processione della 'Affruntata', la sacra rappresentazione della rivelazione del Cristo alla Madonna dopo la resurrezione, che si svolge la mattina di Pasqua. Don Salvatore è ora indagato nell'inchiesta della Dda di Catanzaro insieme all'ex comandante della stazione dei carabinieri di Sant'Onofrio, maresciallo Sebastiano Cannizzaro, per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso. Da ieri sera, dopo un incontro con il vescovo di Mileto, mons. Luigi Renzo, ha lasciato Stefanaconi per un periodo di riposo lontano dalla sua parrocchia. Era l'aprile del 2003 quando don Salvatore decise di invertire le modalità della processione con l'intenzione di togliere spazio alle cosche della 'ndrangheta. Fino al 2002, la parrocchia procedeva ad una specie di gara d'appalto per stabilire chi dovesse portare sulle spalle le due statue. Un incarico divenuto, con il tempo, simbolo di grande potere sociale. Un collaboratore di giustizia, Rosario Michenzi, aveva svelato però che la 'ndrangheta faceva in modo di mandare a fare il portantino esponenti delle cosche vincenti. Fu allora che don Salvatore Santaguida decise di avviare l'operazione trasparenza. Con una lunga lettera ai fedeli, riuniti per la funzione del sabato santo, spiegò che "l' opportunità di portare le statue doveva essere data a tutti, anche a chi non aveva denaro da offrire". Fu così che si decise di sorteggiare coloro che dovevano portare le statue. A distanza di nove anni don Salvatore si ritrova a dover fare nuovamente i conti con i collaboratori di giustizia che questa volta, però, lo accusano di aver aiutato la cosca dei Patania nella faida contro la "Società di Piscopio" di Vibo, considerata emergente, e alla cosca Petrolo-Bartolotta di Stefanaconi. Nel corso di un interrogatorio con i magistrati della Dda di Catanzaro, il collaboratore di giustizia, Daniele Bono, afferma che "don Salvatore aveva interessi, i Bonavota non li può vedere proprio. E i Piscopisani nemmeno". (ANSA).

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