In America li chiamano “cold case”, casi irrisolticome quello dell’omicidio dell’imprenditore Giuseppe Russo assassinato 21 anni fa a Catanzaro dalla ’ndrangheta lametina.
A eliminarlo, secondo il pentito Massimo Di Stefano, fu la cosca di Francesco Giampà detto il “Professore” in galera da anni. Secondo il collaboratore di giustizia che non è più nel programma di protezione del ministero dell’Interno, Russo che gestiva alcuni distributori di carburante faceva troppa concorrenza a un suo collega lametino protetto dai Giampà, al punto che si decise di toglierlo di mezzo il 7 gennaio del 1991. Di Stefano fece questa rivelazione all’ex procuratore della Repubblica catanzarese Mariano Lombardi, dopo avere saputo della tresca direttamente dal boss lametino. Russo pagava un lauto “pizzo” al clan di un milione e mezzo di lire al mese, ma evidentemente questo non bastava a coprire le perdite del distributore di carburante della città della Piana che andò a lamentarsi dal “Professore”. Da qui l’ordine di compiere il delitto a Catanzaro. Anche queste dichiarazioni fatte da Di Stefano sono finite tra quelle contenute negli atti del processo “Medusa” dove alla sbarra c’è buona parte del clan Giampà, iniziato dal Gup catanzarese nella scorsa settimana che continuerà giovedì prossimo.
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