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Le indagini a una
svolta anche
grazie ai pentiti

  Ancora non si era cominciato a fare la conta dei morti ammazzati quel 12 agosto del 2008, quando sei scariche esplose da un fucile a pallettoni freddarono il ruspista Cosimo Ierinò all’interno del porto turistico di Badolato “Le bocche di Gallipari”. Un omicidio che destò scalpore e che altro non era che l’avvisaglia di una guerra di ‘ndrangheta che, anche se in maniera ancora non dirompente, già aveva cominciato a muovere i primi terribili passi. Il contesto era quello della rottura degli equilibri criminali nel comprensorio di Soverato, con inquietanti collegamenti nel Vibonese e nel Reggino. L’uccisione di Ierinò non è da inquadrarsi direttamente nella serie di omicidi più recente. A inserirlo in questo contesto è però quello che gli inquirenti hanno valutato quale movente del delitto: l’intenzione del ruspista di smarcarsi da quella che gli investigatori ritengono fosse la sua cosca d’origine (vicina ai Gallace di Guardavalle) in favore del gruppo che Carmelo Novella aveva pensato di far crescere in Lombardia, separandosi dalla cosca Gallace e aprendo, di fatto, quel “vaso di Pandora” che avrebbe riempito di sangue strade, spiagge e piazze tra il 2009 e il 2010, con decine di efferati omicidi tra opposte fazioni. Le quattro persone arrestate dai carabinieri della Compagnia di Soverato, assieme ai colleghi del Comando provinciale, sono ritenute mandanti ed esecutrici della missione di morte: tra i primi, gli inquirenti hanno posto Cosimo Spatari, 52 anni; Cosimo Giuseppe Leuzzi, 59; Vincenzo Gallace, 66; Andrea Sotira, 35 anni, è invece ritenuto il presunto esecutore del delitto. Leuzzi sarebbe stato il “capo” tradito da Ierinò, che aveva lavorato alle sue dipendenze in un’impresa edile. Nel 2007 Spatari avrebbe cercato di fare da tramite per un chiarimento rimediando, però, dei colpi di arma da fuoco da parte del ruspista. Per tutta risposta l’uomo avrebbe poi esploso dei colpi di fucile contro la casa di Ierinò. Insomma era guerra aperta e sarebbe culminata di lì a qualche mese nella missione mortale ai danni del ruspista, che viveva a Badolato con la moglie (che all’uccisione dell’uomo sarebbe stata incinta) e un figlio e lavorava all’interno della darsena nell’àmbito del movimento terra. Infatti, secondo la ricostruzione messa nero su bianco dagli investigatori, Leuzzi si sarebbe attivato presso i Gallace e i Ruga di Monasterace per sondare il terreno e capire se l’uccisione di Ierinò avrebbe “scontentato” qualcuno. Ottenuto il via libera nell’assolato pomeriggio del 12 agosto Ierinò veniva inchiodato al sedile della sua Volkswagen “Polo”.

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