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Dopo averli colpiti
il padre e il figlio
rientrano nel bar
e li finiscono

È accusato di concorso in omicidio aggravato Giovanni Mezzatesta, 39 anni, il giovane imprenditore di Decollatura nei cui confronti il giudice delle indagini preliminari del Tribunale lametino Barbara Borelli al temine dell’interrogatorio di garanzia, pur non convalidando il fermo, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per gli omicidi di Giovanni Vescio, 36 anni, e Francesco Iannazzo di 29, uccisi sabato scorso in un bar di Decollatura. Non è stato invece rintracciato suo padre Domenico Mezzatesta, 59 anni, vigile urbano in pensione, ritenuto responsabile del duplice omicidio. Per il Gip, alla luce degli atti prodotti dal pubblico ministero sulla base delle attività d’indagine, non ci sono dubbi sulla responsabilità dei due Mezzatesta. Scrive: «In concorso tra di loro non solo materiale ma anche morale, in quanto concertavano le azioni omicidiarie che avrebbero commesso ciascuno facendo affidamento sull’altro, ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, cagionavano la morte di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo, attingendoli con diversi colpi d’arma da fuoco mentre discutevano con loro, alla presenza di altre due persone, intorno al tavolo sistemato nell’angolo vicino all’ingresso del “Bar del Reventino” dove si erano dati appuntamento ». Nel provvedimento del giudice c’è in sostanza la descrizione di quanto è stato registrato dale videocamere del bar. In particolare si legge nell’ordinanza «Domenico Mezzatesta, dopo un cenno d’intesa con il figlio, s’alzava di scatto ed estraeva contemporaneamente una pistola, apriva il fuoco contro il Vescio prima e contro il Iannazzo dopo, ferendoli entrambi gravemente e facendoli entrambi rovinare a terra». Inoltre il magistrato scrive che «il figlio Giovanni, rimasto per tutto il tempo in piedi accanto al genitore, estraeva a sua volta un’altra pistola e sparava, subito dopo del padre, contro le vittime». Il giudice sottolinea che «il padre Domenico, con le vittime oramai a terra, allontanava il figlio e lo faceva uscire dal bar, uscendo a sua volta per tirarselo dietro, ed il figlio restava davanti l’uscio per rientrarvi da lì a poco dietro il padre». Il Gip aggiunge che «Domenico Mezzatesta, nel frattempo rientrato e rimasto solo nel bar, portava a compimento la sua missione di morte. Egli, scansando ripetutamente il divano dietro il quale il Vescio disperato continuava a farsi schermo da terra, tirandoselo verso di sé ad ogni tentativo del suo assassino di levarglielo, gli esplodeva contro il colpo cruciale da distanza ravvicinata nel momento in cui s’apriva una breccia tra lui e la vittima (oramai esausta) per effetto del calcio che Giovanni Mezzatesta, rientrato in aiuto del padre, sferrava in quel momento di concitazione alla vittima, per costringerla alla resa, dopo aver provato a spararle ancora addosso senza successo perché gli si era inceppata la pistola. Guadagnando l’uscita (sempre Domenico Mezzatesta) », prosegue il magistrato, «con freddezza e senza fretta esplodeva contro il Iannazzo, agonizzante a terra, altro colpo mortale, che ne acuiva le sofferenze e ne avrebbe determinato a breve (in qualche minuto) la morte dopo l’ultimo disperato tentativo di riaversi e rialzarsi ».

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