La consegna di una Fiat Punto confiscata alla Capitaneria di porto di Vibo Marina, diventa spunto per una “lezione di legalità” ma soprattutto per una riflessione sulla complessa materia e sull’uso “sociale” dei beni requisiti alle cosche. «Centinaia sono i beni confiscati alla criminalità organizzata che ancora non abbiamo assegnato », ha infatti evidenziato il presidente della Sezione misure di prevenzione del Tribunale Antonio De Marco, nel corso della cerimonia di consegna dell’auto avvenuta anche alla presenza di alunni della Media “Vespucci”. «Siamo in possesso di auto di grossa cilindrata, aziende, immobili per svariati milioni di euro che potrebbero essere restituiti alla società – ha aggiunto il dott. De Marco –. Purtroppo siamo frenati da una legge che prevede tempi lunghi per l’assegnazione. Purtroppo i beni confiscati alla ‘ndrangheta e alle mafie in genere non sempre diventano produttivi. Specie certe aziende le quali, una volta assegnate, non riescono a produrre reddito perchè la clientela viene sviata e le banche tolgono i fidi. In questa situazione a rimetterci è lo Stato che deve pagare di tasca propria i costi di gestione». Attualmente sul territorio vibonese non c’è un solo bene confiscato alle consorterie mafiose che riesca a produrre reddito e occupazione. Tanti invece i progetti da realizzare su alcune strutture e terreni confiscati a Nicotera, Filandari e San Calogero. Purtroppo non decollano perchè alcuni di questi beni non sono stati ancora assegnati. Non è facile, infatti, in un territorio come quello vibonese, ad alta densità mafiosa, trovare cooperative, enti e associazioni in grado di assumersi questa responsabilità. Grande valore al “passaggio di mano” del bene confiscato alla ‘ndrangheta è stato dato dal procuratore della Repubblica Spagnuolo il quale ha sottolineato: «Le ricchezze quando sono in mano ai mafiosi sono oggettivamente pericolose perchè consentono loro di accrescere il loro potere criminale. Quando vengono confiscate dallo Stato le mafie si sentono indebolite perchè viene meno la loro forza intimidatoria sulla società. È importante, quindi, sottrarle al loro controllo per fare il bene alla società che è stata depredata attraverso metodi violenti». Partendo dal bene confiscato, il prefetto di Bari, ha fatto una vera e propria lezione di legalità agli alunni della “Vespucci” i quali da tempo sono interessati a comprendere le ragioni per cui lo Stato ha messo in atto una serie di strategie per ritornare in possesso di quei beni che i mafiosi hanno accumulato sottraendoli illegittimamente alla società. «Più beni confischiamo – ha rimarcato – e meno potere hanno le cosche sul territorio. La loro forza dipende soprattutto dalla loro potenza economica che è in grado di condizionare la società. Mettere le mani sui loro “forzieri” consente allo Stato di ritornare in possesso di risorse finanziarie che si possono utilizzare per creare economia legale in grado di andare incontro ai giovani che nella nostra terra non trovano alcuna possibilità di lavoro. Le mafie vanno impoverite perchè i loro beni, una volta confiscati, devono diventare simboli di legalità da mettere a disposizione di tutte le fasce sociali».
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