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Killer spietati,
un software per
localizzare le vittime

Quattro operazioni per fare piena luce sulla faida tra i Patania di Stefanaconi e i Piscopisani; quattro inchieste (Gringia, Gringia2, Dietro le quinte e Dietro le quinte2) per chiudere il cerchio non solo su killer e mandanti, ma anche su quanti avrebbero agevolato i piani di morte. Una drammatica partita a risiko giocatapure con l’ausilio di un sofisticato software capace di localizzare i “bersagli” – lungo l’asse Stefanaconi-Piscopio-Vibo Marina, ma le cui mosse sarebbero state dettate dai “signori di Limbadi”. In pratica la potente cosca – di recente costretta a incassare il durissimo colpo inferto dalla Dda e dalla Mobile di Catanzaro – come peraltro da subito ipotizzato, avrebbe cavalcato l’onda della faida per regolare qualche conto con la “società di Piscopio” e liberare da personaggi scomodi la piazza di Vibo. Un assist fornito, nel settembre 2011, dall’omicidio dell’agricoltore Mario Michele Fiorillo, seguito a distanza di 48 ore da quello di Fortunato (Nato) Patania, uomo di peso nelle dinamiche criminali di Stefanaconi, ma soprattutto fedele ai Mancuso. E proprio sul desiderio di vendetta della vedova del boss e dei figli avrebbe fatto leva uno degli esponenti di primo piano del clan di Limbadi, il quale avrebbe loro fornito armi e denaro allo scopo di agevolare l’eliminazione delle figure apicali del gruppo degli emergenti (Francesco Scrugli e Rosario Battaglia, innanzitutto) collegati non soltanto ad altre cosche vibonesi, ma anche a quelle del versante ionico reggino. In particolare l’attività di indagine –condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo con il coordinamento della Dda di Catanzaro e denominata appunto “Dietro le quinte 2” –  ha consentito l’arresto del capo dell’ala militare della famiglia mafiosa dei Mancuso e di altri due affiliati accusati, in concorso e a vario titolo, di un omicidio (quello di Francesco Scrugli) e del tentato omicidio dello stesso Scrugli, nonché di Battaglia e Raffaele Moscato, avvenuti nel 2012 a Vibo Valentia. Gli ultimi arresti – ma soltanto in ordine di tempo perché dagli omissis presenti nell’ordinanza è probabile che qualche altro ci sarà – sono stati eseguiti ieri dai carabinieri, in esecuzione di una ordinanza di un provvedimento cautelare emesso dal gip distrettuale di Catanzaro, Maria Rosaria Di Girolamo, su proposta del sostituto procuratore della Dda Simona Rossi e del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Ordinanza che ha raggiunto nel carcere di Nuoro Pantaleone Mancuso (detto Scarpuni), di 52 anni, di Limbadi ritenuto il “regista” occulto dello scontro armato che ha insanguinato il Vibonese dal settembre 2011 al luglio 2012 e detenuto dai primi del mese a seguito dell’operazione “Dietro le quinte”. Analogo provvedimento di custodia cautelare in carcere viene tenuto in serbo dai carabinieri per Nunzio Manuel Callà, 27 anni, di Nicotera riuscito a sfuggire al fermo lo scorso 3 marzo e ancora irreperibile. Arresti eseguiti, invece, a Stefanaconi nei confronti di Giovambattista Bartalotta (alias Tittareju), di 33 anni, disoccupato e Rosalino Pititto, 30 anni, calzolaio incensurato, cugino acquisito dei Patania per aver sposato una loro cugina. Rispetto alle precedenti operazioni in quest’ultima gli inquirenti – anche grazie alle recenti dichiarazioni di due collaboratori di giustizia (Daniele Bono e Loredana Patania) ai quali si sono poi aggiunti il macedone Beluli Vasvi e lo slavo Arben Ibrahimi, killer assoldati dai Patania per eliminare i Piscopisani – hanno aggravato il quadro indiziario dei quattro indagati per alcuni dei quali la richiesta inizialmente (operazione Gringia) non era stata accolta. E al di là del coinvolgimento che a supporto della faida avrebbe avuto Luni (Scarpuni) Mancuso –«vi dò l’appoggio in tutti i sensi, basta che mi liberate la zona di Vibo da Scrugli e Battaglia...» – il quale avrebbe dato denaro ai Patania a seguito dell’omicidio di Francesco Scrugli (avvenuto il 21 marzo dello scorso anno), agguato nel corso del quale rimasero feriti Battaglia e Moscato, nonché fornito –attraverso l’intervento di Nunzio Manuel Callà, indicato come il suo braccio destro, la carabina di precisione per il tentato omicidio dello stesso (11 febbraio 2012) e una delle pistole (una cal. 9 corta) utilizzata per commettere il delitto, nella recente indagine emerge anche il ruolo che nella pianificazione degli agguati avrebbero avuto Giovambattista Bartalotta e Rosalino Pititto. Quest’ultimo – stando anche alle dichiarazioni dei collaboratori – avrebbe fornito al gruppo di fuoco le fotografie dei “bersagli”, cioè delle vittime (in particolare di Scrugli e Battaglia) ricavandole da internet e stampandole più volte e in varie copie e formati su richiesta dei Patania, mentre Bartalotta sarebbe riuscito a scaricare sul telefonino – sempre attraverso il computer – un software capace di “intercettare” e localizzare le vittime di due delle quali – Scrugli e Battaglia – era riuscito ad avere i numeri del cellulare. Operazione che – in base alle dichiarazioni resa da Bono – avrebbe visto anche il coinvolgimento di un pensionato (originario di Stefanaconi ma residente in Lombardia) il quale gli avrebbe indicato come fare. Persona della quale il collaboratore non è stato in grado di fornire il nome. E grazie al software –ma anche ad altre segnalazioni provenienti da “amici” (nello specifico da un certo Peppe) – il gruppo sarebbe riuscito a localizzare Scrugli, Battaglia e Moscato – dei quali a seguito dell’agguato fallito dell’11 febbraio (e degli altri fatti di sangue succedutisi al settembre 2011) si era persa traccia – a Vibo Marina. I killer (a sparare sarebbero stati materialmente il macedone Beluli Vasvi, detto Jimmy e Mauro Graziano Uras, detto Mauro) unitamente a Francesco “Mustazzo” (Alessandria), infatti, avrebbero tenuto d’occhio Scrugli, Battaglia e Moscato il giorno prima dell’assalto nell’appartamento di località Pennello di Vibo Marina, mentre questi erano in mare in barca. Il gruppo di fuoco, inoltre, avrebbe soggiornato a Vibo Marina in un’abitazione poco distante da quella in cui si trovavano i tre “obiettivi”, che sarebbe stata messa loro a disposizione da quel “Peppe” non meglio identificato. Insomma i killer avrebbero fatto come il gatto col topo, aspettando il momento giusto per entrare in azione e chiudere la partita. Tra le armi utilizzate per l’assassinio di Scrugli e il ferimento di Battaglia e Moscato anche una pistola cal. 45 fornita da Loredana Patania, vedova di Giuseppe Matina, detto Gringia (assassinato il 20 febbraio dello scorso anno) per vendicare la morte del marito, considerato che i cugini di Stefanaconi (cioè i Patania) le avevano fatto, in un primo momento, credere che a uccidere il marito erano stati i Piscopisani. Matina, invece, venne assassinato perché ritenuto vicino al gruppo collegato con i Bonavota e con la società di Piscopio. I particolari dell’operazione sono stati illustrati ieri, nel corso di una conferenza stampa al Comando provinciale dei carabinieri, dal cap. Francesco Di Pinto (comandante della Compagnia di Tropea) e dal cap. Diego Berlingieri (Compagnia Vibo).

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