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Odissea, la Procura
generale ricorre
in appello

odissea

Impugnata, dalla Procura generale, la sentenza pronunciata, lo scorso 25 settembre, dal gup Gabriella Lupoli nei confronti di otto imputati accusati di usura ed estorsione e tutti assolti, al termine del processo con rito abbreviato, «perché il fatto non sussiste». Procedimento scaturito da un troncone dell’operazione denominata “Odissea”, scattata nel 2006. A essere assolti, in primo grado, sono stati Antonio Mario Tripodi, 48 anni di Portosalvo (avv. Anselmo Torchia); Salvatore Sorrentino, 54 anni, di Vena Superiore (avv. Giuseppe Di Renzo); Francesco Giuseppe Niglia, 64 anni di Briatico (avv. Francesco Muzzopappa e avv. Antonio Porcelli); Nicolino Pantaleone Mazzeo, 42 anni, di Mesiano di Filandari (avv. Francesco Stilo); Paolino Lo Bianco, 49 anni di Vibo (avv. Vincenzo Gennaro e avv. Giancarlo Pittelli); Giusepe Sicari, 50 anni, di Paradisoni di Briatico (avv. Pantaleone Moisè e avv. Francesco Gambardella); Filippo Gerardo Gentile, 57 anni di Zambrone (avv. Francesco Sabatino e avv. Giuseppe Bagnato) e Alessandro Ventre, 44 anni di Vena Superiore (avv. Antonio Crudo). Contro la sentenza del gup ha però proposto appello la Procura generale che fra le sue competenze ha anche quella di leggere le sentenze dei Tribunali e, nel caso, ha facoltà di impugnarle senza con questo sovrapporsi all’attività delle Procure territoriali. Cosa che è avvenuta per quanto riguarda l’assoluzione degli otto imputati finiti sotto processo per usura ed estorsione ai danni dei coniugi Giuseppe Grasso e Francesca Franzè, testimoni di giustizia. L’appello, che porta la firma del sostituto procuratore generale Raffaela Sforza, focalizza le posizioni dei vari imputati in relazione alle dichiarazioni dei testimoni di giustizia Grasso e Franzè (parti offese) ritenendo che la sentenza impugnata abbia «svalutato le dichiarazioni accusatorie delle persone offese» che invece – in base a quanto rilevato dal sostituto procuratore generale – «sono attendibili, circostanziate, caratterizzate da specificità e piena credibilità oggettiva e soggettiva, nonché scandite da coerenza, costanza e spontaneità dichiarative ». In particolare, in riferimento alla posizione degli otto imputati la dottoressa Sforza ribadisce il concetto, fornendo elementi a dimostrazione della «svalutazione» delle dichiarazioni dei coniugi Grasso-Franzè, e sottolineando che la sentenza di primo grado ha anche «svalutato le prove acquisite dalla polizia giudiziaria per riscontrare le dichiarazioni delle parti offese», nonché «non ha tenuto conto che in tema di delitto di usura, la rilevante entità della misura degli interessi pattuiti o corrisposti, dà prova anche dello stato di bisogno della persona offesa e della consapevolezza di tale stato da parte dell’agente». In merito alle prove il sostituto procuratore generale evidenzia, fra le altre cose, «le copie di assegni e matrici di assegni» consegnati dal Grasso e «negoziati direttamente » da alcuni degli imputati o da «loro congiunti», nonché conversazioni e procure speciali. Per diverse posizioni – scrive la dottoressa Sforza (indicandole una a una) –«nessun accertamento è stato compiuto in ordine alla negoziazione dei titoli generati e tacitanti i vari prestiti, individuabili quest’ultimi attraverso gli offerti spunti documentali; nulla in ordine alla movimentazione di denaro e assegni – prosegue – in - testato» a uno degli imputati e risultato acceso alla Banca commerciale » anche e soprattutto in considerazione del fatto che la parte offesa «ha ripetutamente riferito » da chi gli importi gli venivano consegnati «in contanti e sovente mediante assegni personali... ». Ritiene inoltre il sostituto procuratore generale, che la sentenza impugnata non abbia neppure tenuto conto delle dichiarazioni rese da pentiti storici quali Gerardo D’Urzo, Carlo Vavalà e Luigi Guglielmo Farris. Al contempo, nel rilevare che «esistono riscontri documentali alle dichiarazioni di Grasso e della Franzè in merito al reato di usura patito», secondo il magistrato la sentenza di primo grado – «in alcune parti monca – evidenzia – in quanto i periodi si interrompono bruscamente e non acquisiscono un senso compiuto» – non ha tenuto conto neanche del principio di diritto (Suprema Corte) secondo cui «l’esattore delle rate per incarico di chi ha concluso il contratto usuraio risponde di usura quando effettivamente riscuota le rate». E ancora il sostituto procuratore generale Raffaela Sforza, in merito alla mancata produzione delle matrici di 5 assegni (50mila euro il prestito) nel rilevare che la «mancata produzione trova una logica spiegazione nella situazione di confusione contabile in cui i coniugi Grasso-Franzè versavano all’epoca dei fatti, conseguente al notevole dissesto economico nel quale erano coinvolti», sostiene che ciò non «inficia il valore probatorio delle dichiarazioni rese dagli stessi, assolutamente coincidenti sui punti relativi all’epoca, all’entità, alle modalità del prestito, all’importo già restituito, all’entità di ciascuna rata». Nell’appello della Procura generale viene posto in evidenza, tra gli altri aspetti, il tenore delle minacce subite da Giuseppe Grasso e dalla moglie Francesca Franzè ponendolo in relazione al comportamento che, di volta in volta, alcuni degli imputati avrebbero tenuto. In particolare i due testimoni di giustizia avrebbero subìto pesanti pressioni ogni qualvolta si verificava il mancato pagamento dei ratei di interesse e sarebbero addirittura stati oggetto di «una spedizione punitiva» in provincia di Milano. In occasione dei mancati pagamenti nei confronti de due coniugi sono state profferite frasi del tipo: «Hai capito chi sono?...Vedi che io ammazzo pure i bambini di due anni», oppure: «Ah m... che stai dicendo in giro su di me? Ti stai lavando la bocca? Vai via da qua che se no ti sparo». E ancora: «Ah porcu non rispunti? Io acchiappu mujereta vegnu cu nati quattru persduni, ci fazzu a festa e la jettu ‘nta nu fossu!», nonché: «...Dove stai andando? Portami i soldi che mi stai facendo fare una figura di merda con i compari miei di Reggio...A te se non ti ammazzo io non ti ammazza nessuno! E stai attento che stai parlando assai!».

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