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Strage Scaliti, via
al processo d’appello

Si apre domani, davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro il processo a carico dei fratelli Ercole e Francesco Saverio Vangeli, del figlio di quest’ultimo Pietro e del genero Gianni Mazzitello. Ritenuti, a vario titolo e con ruoli diversi, responsabili della strage di Scaliti, i due fratelli Vangeli quasi un anno fa sono stati condannati all’ergastolo dal gup di Vibo Valentia Gabriella Lupoli. Quindici anni ciascuno, invece, la pena inflitta a Pietro Vangeli (da circa dieci giorni ai domiciliari) e al cognato Gianni Mazzitello, anch’egli ai domiciliari. Tutti sono difesi dall’avvocato Valerio Mangone, dall’avvocato Domenico Talotta e dall’avvocato Nicola Riso. Omicidio plurimo, aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili, è il reato di cui il gup ha riconosciuto colpevoli Ercole e Francesco Saverio Vangeli, mentre gli altri due imputati sono accusati di concorso nel grave fatto di sangue costato la vita all’allevatore Domenico Fontana, di 61 anni e ai suoi quattro figli: Pasquale, di 37 anni; Pietro di 36; Emilio di 32 e Giovanni di 19. Un eccidio compiuto nel primo pomeriggio del 27 dicembre del 2010 in contrada Olivara di Scaliti, nella masseria dei Fontana. Secondo quanto emerso 36 furono i colpi di pistola all’epoca sparati contro l’allevatore e i suoi quattro figli, 34 dei quali andati a segno. Sin dall’immediatezza della strage ad assumersi ogni responsabilità fu Ercole Vangeli, artigiano del luogo, il quale a distanza di circa una mezzora dalla mattanza si presentò ai carabinieri di Filandari confessando di avere sparato contro i Fontana, dichiarando di essere l’unico autore del massacro e consegnando una delle due pistole (una 9X21) utilizzate per commettere il plurimo delitto. Le successive indagini – coordinate dal sostituto procuratore Michele Sirgiovanni che sostiene la pubblica accusa –ma soprattutto le dichiarazioni rese agli inquirenti dal romeno Ioan Sorin Gherman (operaio dei Fontana), consentirono di ricostruire le varie fasi della strage e di individuare altre responsabilità, ovvero di Francesco Saverio Vangeli che avrebbe sparato insieme al fratello Ercole e dei due giovani i quali, rispetto agli altri imputati, avrebbero avuto un ruolo più marginale. In particolare a chiamarli in causa fu proprio il romeno il quale il 27 dicembre di tre anni fa si sarebbe trovato a bordo di un Fiorino, in compagnia di due dei fratelli Fontana, quando alcuni componenti della famiglia Vangeli li avrebbero costretti a ritornare nella masseria. La strage, secondo gli inquirenti, sarebbe stata portata a termine dai Vangeli al culmine di dissidi e di vessazioni per la delimitazione di alcuni terreni e il pascolo abusivo di animali da parte dei Fontana. Il gip, inoltre, nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere parlava di un’azione di fuoco «organizzata e premeditata» tesa «allo sterminio della famiglia avversaria ». Premeditazione che, però, secondo la difesa degli imputati non ci sarebbe stata nel senso che il gravissimo gesto sarebbe stato compiuto in un momento di vera e propria follia acuita dai dissidi e dalle tensioni esistenti fra le due famiglie, inaspritisi proprio in quei giorni. E il 27 dicembre del 2010 a fare scattare la molla sarebbe stato l’ennesimo sconfinamento del gregge nella proprietà dei Vangeli. È dunque teso a dimostrare – in estrema sintesi –la mancanza di premeditazione nell’azione di fuoco il ricorso proposto in Appello dalla difesa degli imputati che punta anche a far cadere il concorso nei confronti di Pietro Vangeli e Gianni Mazzitello, ritenendo che gli elementi probatori non siano sufficienti a dimostrare un loro coinvolgimento compartecipativo nel reato. A rappresentare la parte civile (Giovannina De Luca, moglie di Domenico Fontana e la figlia) è l’avvocato Giuseppe Bagnato.

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