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Strategie per salvare
il deposito Eni

È una storia da ripercorrere nel tempo quella dell’Eni che a Vibo Marina si è insediata negli anni ‘70. Una storia fatta di famiglie e lavoratori. Ventuno interni e circa quattrocento dell’indotto. Cento navi che approdano ogni anno al porto, circa 25 milioni di accise che l’Eni versa alla Regione all’an - no. Cifre che, poi, arrivano anche su “strada”. Perchè i depositi abbattono i costi di trasporto e la chiusura dell’Eni significherebbe far lievitare il prezzo del carburante che a quel punto dovrebbe essere inviato da Taranto. E di questi numeri è fatta quella storia di Vibo Marina che, ieri, si è arricchita di un nuovo capitolo in Prefettura, dove è stato convocato un vertice con Regione, Provincia, Comune e azienda per tentare di mettere un punto ad una vicenda che «sta assumendo – ha sottolineato il prefetto Michele di Bari – contorni parossistici». Altri sei mesi di tempo, questa la concessione del sindaco di Vibo Valentia Nicola D’Agostino che ha ribadito che non si tratta di una proroga, «ma del termine ultimo per delocalizzare l’impianto al 31 dicembre 2013». Sei mesi per trovare un punto di incontro, quindi. Per tentare di capire in testa a chi sta quella competenza che, da una parte all’altra, anche ieri è stata rimpallata. Perchè se ordinanza esiste, per D’Agostino, la Regione la deve revocare «o in alternativa – ha spiegato – esistendo un ricorso pendente al Tar potrebbe essere quell’organo a dirimere la questione ». Per la Regione, invece, il nodo potrebbe essere sciolto dal verificarsi di nuove condizioni anche in base alla cessata emergenza, che andrebbero in automatico a far cessare gli effetti dell’ordinanza.

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