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De Vito, le imprese e
gli appalti pubblici

  Tra i personaggi raggiunti dall’ordinanza emessa il 26 luglio scorso dal giudice delle indagini preliminari c’è anche Antonio De Vito, detto "Jack", imprenditore già detenuto per reati concernenti l’estorsione aggravata dalla mafiosità e nei confronti del quale la Guardia di Finanza aveva già provveduto alla confisca dei beni. In questo contesto investigativo, la posizione di De Vito si è aggravata, in quanto alla luce delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno avuto riscontro pregresse attività investigative effettuate dai finanzieri, per cui la Dda ha contestato all’imprenditore il reato di associazione di stampo mafioso. De Vito (già detenuto per altra causa) «legato a doppio filo con Giampà Pasquale “Millelire” e di conseguenza a Battista Cosentino», tra l’altro è accusato di aver fatto parte della cosca con la con funzione di gestione delle imprese a lui riconducibili, messe a disposizione della cosca stessa e in particolare di Giampà Pasquale “Millelire”, «per l'aggiudicazione di appalti anche pubblici, attraverso cui operare il riciclaggio/reimpiego del denaro provento di attività illecite della cosca Giampà, di tipo prevalentemente estorsivo o provento di attività di spaccio di sostanze stupefacenti, nonché di aver partecipato all'esecuzione di estorsioni per la stessa cosca e all'occultamento e custodia di un motociclo utilizzato per un'azione omicidiaria». Tali circostanze emersero nell’ambito delle indagini della Guardia di Finanza relative all’operazione “Progresso”, allorquando fu riscontrato che Antonio De Vito era il prestanome di Pasquale Giampà “Millelire”, ragion per cui gli furono confiscati tutti i beni, tra i quali due società operanti nel settore dell’edilizia e degli appalti pubblici.

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