Uccisa dai funghi di quercia che lei stessa aveva raccolto in un terreno di sua proprietà e preparato. Una morte assurda, quella che ha colpito Liberata Mangialavori, 64 anni compiuti da poco, insegnante di scuola dell’infanzia, in pensione da circa quattro anni. Una morte che ha colpito in maniera profonda l’intera cittadinanza di Ricadi e che è caduta come un macigno sulla famiglia della donna. La morte di Liberata Mangialavori, avvenuta a Roma, nelle stanze dell’Umberto I, risale alla giornata di martedì, quando le sue condizioni, già critiche, sono peggiorate fino a portarla prima al coma cerebrale, poi al decesso. L’avvelenamento tramite l’ingestione di funghi, invece, sarebbe avvenuto nella serata di giovedì 13, quando Liberata Mangialavori, ha preparato e mangiato i funghi da lei stessa raccolti. Già poche ore dopo, nella mattinata di venerdì, i primi malori avrebbero messo in allarme la donna e i suoi familiari, i quali avrebbero richiesto un primo consulto medico per accertare la natura del malessere accusato dalla maestra. Dolori addominali e vomito, tuttavia, non sarebbero stati ricondotti alla cena della sera prima. Per questo motivo, con l’aumentare dei dolori addominali e del senso di malessere diffuso, la donna avrebbe anche effettuato, presso l’ospedale di Tropea, una serie di analisi del sangue. I risultati avrebbero indotto la famiglia della donna a trasportarla, nella giornata di lunedì, all’ospedale “Jazzolino”di Vibo Valentia, dove la donna è giunta visibilmente peggiorata, ma ancora cosciente. Un lento consumarsi, dovuto agli effetti mortali del veleno contenuto nei funghi, hanno però portato la donna a peggiorare ulteriormente. A Vibo Valentia, una volta diagnosticata un’epatite acuta e trasferita nel reparto di terapia intensiva in condizioni disperate, è stato disposto, come ultima ipotesi, il trasferimento a Roma, al fine di sottoporre la donna a un trapianto di fegato, unica salvezza per quello che ormai, in maniera inequivocabile, era stato accertato essere un avvelenamento da funghi. Solo un trapianto di fegato, infatti, avrebbe costituito l’unica possibilità per la donna, che invece, purtroppo, non ce l’ha fatta. Nella notte tra lunedì e martedì, allora, in ambulanza (l’elisoccorso non si è potuto alzare ufficialmente per le avverse condizioni meteo), la donna ha viaggiato verso la sua unica speranza di sopravvivenza. È stato un viaggio disperato, quello fino all’Umberto I di Roma, dove la donna è giunta ormai in fin di vita, con il fegato completamente compromesso e il veleno ormai in circolo in tutto il corpo. Già nella mattinata di martedì, intorno alle 10.30, giunta ormai nelle stanze dell’Umberto I, la maestra Mangialavori era in coma cerebrale. Le sostanze velenose contenute in uno o più funghi ingeriti avevano ormai intaccato inesorabilmente l’intero sistema nervoso, portando la donna alla morte certa. La giornata di ieri, caratterizzata dallo sgomento dell’intera cittadinanza ricadese che apprezzava e stimava la maestra Liberata, si è conclusa con il ritorno a casa del feretro della donna, seguito dai suoi familiari. I funerali si terranno questo pomeriggio alle 15, nella chiesa di San Nicolò dove la donna viveva con i suoi cari.