
A rendere possibile la riapertura del caso soprattutto le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Loredana Patania e Daniele Bono, nell’ambito delle indagini sulla faida scoppiata tra il 2011 e il 2012 fra i Patania di Stefanaconi e il gruppo emergente dei Piscopisani (Vibo). Quelle della donna, in particolare, la quale si è autoaccusata di avere, con il marito Giuseppe Matina (alias Gringia) – vittima della faida del 2012 – portato una delle pistole per far fuori Ni - no ‘u Murizzu. Fatto sta che all’alba di ieri i militari del Comando provinciale, con il supporto dell’8. Elinucleo, su ordine della Procura distrettuale hanno proceduto al fermo di Emilio Antonio Bartolotta, 37 anni (che era ritornato in libertà da pochi giorni per decorrenza dei termini), della moglie Annunziata Foti, di 38 anni e Francesco Calafati, di 39, tutti di Stefanaconi. L’imput per ammazzare Lopreiato sarebbe arrivato dal carcere di Lecce dove Bartolotta era detenuto. Nel marzo del 2008, durante un colloquio, avrebbe detto alla moglie: «Gli devi dire a Franco e a Peppe (identificati dagli inquirenti in Franco Calafati e Giuseppe Matina, ndr) che è arrivato il momento...Altrimenti mi salgono i cazzi...Ce l’ho a cuore se no rumpimu i brignja (rappor - ti)». La Foti avrebbe riferito e “Franco e Peppe” si sarebbero dati da fare. Autori materiali dell’agguato sarebbero invece stati Francesco Scrugli (altra vittima della faida del 2012) e Rosario Battaglia (detenuto), entrambi dei Piscopisani.
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