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Imprenditore ucciso a colpi di kalashnikov

 Il sole picchia forte sulla spianata di terra gialla. In un angolo c’è il cadavere di Daniele Scalise, imprenditore edile che vive e lavora tra Soveria Mannelli e Decollatura. Scalise ha 30 anni ed alle spalle ha tre grossi buchi provocati dai colpi di Kalashnikov. I carabinieri di Soveria si sono trovati per la prima volta davanti a quella che sembra un’esecuzione mafiosa in piena regola eseguita con un voluto grande clamore dentro l’abitato ed alla luce del sole. Erano passate da poco le 11 quando dal capannone d’un pastificio, a Nord di Soveria, hanno sentito la raffica del potente mitragliatore da guerra. È bastato affacciarsi per vedere un cadavere e nessun altro. Il commando, forse due persone, dopo aver eseguito la sua missione di morte ha riparato nel bosco retrostante la spianata che la ruspa sta facendo per costruire una casa. Contrada San Tommaso. Pochi chilometri e s’arriva in piena Sila, al confine montano tra le province di Catanzaro e Coenza. Alle 11 e un quarto s’è sentita soltanto la raffica secca nell’abitato silenzioso attraversato soltanto da Via Falbarelli, che stretta e curva porta ai pini. Subito dopo le solite scene: l’arrivo dei carabinieri di Soveria guidati dal capitano Domenico De Biasio, quasi in contemporanea l’elisoccorso con i sanitari che hanno avuto poco da fare, poi il furgone mortuario, il magistrato di turno, i carabinieri in tuta bianca della scientifica, i giornalisti e gli immancabili curiosi del vicinato. Poi la cosa più straziante: una donna che piangeva, anche lei a raffica. Daniele Scalise i carabinieri lo conoscevano bene. Con una condanna per estorsione passata in giudicato a Soveria non si scappa. Il giovane, che col padre manda avanti una piccola impresa di movimento terra, secondo gli investigatori «era molto attivo nel Reventino».

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