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Video hard con una 17enne, indagate due persone

 Sesso e tecnologia. Una miscela alquanto attuale ai giorni nostri ma che diventa esplosiva se la protagonista della vicenda è una minorenne. Infatti, con l’accusa, a vario titolo, di pornografia minorile, il pubblico ministero Emanuela Costa ha iscritto nel registro degli indagati G.A., 36 anni, imprenditore del quartiere marinaro, e D.M. T., 21 anni, residente nel quartiere Sala. La storia ha inizio nel mese di marzo quando una ragazza di 17 anni ha realizzato «un video dal contenuto pedopornografico – si legge in un capo d’accusa –mentre compiva un atto di masturbazione nella camera da letto della propria abitazione». E, sin qui, potrebbe non esserci nulla di male. Il problema è giunto quando questo video è stato inviato, presumibilmente dal cellulare della ragazza, tramite la nota applicazione WhatsApp installata sullo smartphone della giovane. Ignoto, almeno per il momento, il destinatario del video. Fatto sta che G.A. è accusato di «essersi procurato » e «aver detenuto, distribuito, divulgato o diffuso per via telematica » il video mentre a D.M.T. la Procura ha contestato il fatto che «consapevolmente, deteneva il filmato dal contenuto pedopornografico». Per corroborare le accuse, la Procura ha sequestrato, tramite la terza sezione della squadra Mobile della Questura, nel mese di maggio numeroso materiale informatico (da personal computer a cellulari, da fotocamere a notebook) che sarebbe stato in possesso del 36enne per verificare il “percorso”del file. Il materiale ora è al vaglio del competente gabinetto di Polizia Scientifica che dovrà stabilire non solo l’autenticità del video ma anche la “strada”che il video ha percorso dal momento della realizzazione. Ovvero, i destinatari (o il destinatario) del video inviato dall’applicazione Whatsapp e il suo conseguente reinvio o copiatura tramite dispositivi informatici per la divulgazione ad altre persone. Proprio sotto questo aspetto, l’inchiesta potrebbe allargarsi e coinvolgere altri indagati in quanto la notizia della diffusione del video si era già allargata a macchia d’olio nel capoluogo diverse settimane fa. Ovviamente, le accuse contestate a G.A. e D.M.T. sono tutte da dimostrare in quanto l’in - chiesta ancora non è conclusa e i due indagati potranno far valere la loro versione dei fatti tramite i loro legali di fiducia, gli avvocati Giorgia Orlando e Arturo Bova.

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