Un pentito ha accusato un testimone di giustizia di avere taciuto ai magistrati il nome di un presunto usuraio in cambio dell'estinzione del debito che aveva contratto. E' accaduto a Vibo Valentia, nel processo "Black Money" contro presunti affiliati al clan della 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi. Il collaboratore Eugenio William Polito, fra i principali testi del pm della Dda di Catanzaro Marisa Manzini, ha accusato l'imprenditore Giuseppe Grasso - fra i primi testimoni di giustizia della provincia di Vibo Valentia, anche lui importante teste della Dda nello stesso processo e che verrà sentito prossimamente - di non avere fatto il nome di Giovanni D'Aloi, già condannato in altro troncone di "Black money".
"D'Aloi - ha affermato Polito in aula - mi disse, anche se poi lo vidi di persona, di essere stato formalmente assunto a Milano nell'impresa di Giuseppe Grasso che aveva ricevuto soldi ad usura. Si parlava di somme di 150 mila euro, interessi compresi, ma il testimone di giustizia alla fine gliene restituì soltanto 30 mila perché iniziò a collaborare con magistratura e forze dell'ordine. Al riguardo D'Aloi aggiunse di aver chiesto a Grasso 'se non fai il mio nome il debito è chiuso', e così è stato. E tanto era incessante la presenza di D'Aloi verso la parte offesa che una volta, nel 2004, mi disse di aver atteso Grasso per un giorno e mezzo nel suo giardino sdraiandosi su un'amaca". Polito ha raccontato anche di aver visto personalmente Grasso giocare alle slot-machine ed ai videopoker in un locale di Vibo Marina di proprietà di una persona che lo stesso Grasso aveva denunciato. Il tutto sarebbe avvenuto mentre Grasso si trovava già nel programma di protezione, tanto che la scorta, secondo il pentito, sarebbe rimasta fuori dal locale ad aspettare che il testimone di giustizia finisse di giocare ai videopoker. (ANSA)
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