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I nuovi verbali e l’omicidio di Pietro Pulice

 Cosa contengono le dichiarazioni rese da Vincenzo Ventura, cognato di Rosario Cappello, che nel pentirsi chiese di essere inserito nel programma di protezione insieme alla moglie e alla famiglia? Al momento è difficile rispondere a questa domanda. A stuzzicare la curiosità sul contenuto dei verbali, soprattutto quelli concernenti l’omicidio di Pietro Pulice, è stato il sostituto procuratore Elio Romano che nell’udienza di venerdì ha chiesto al giudice dell’udienza preliminare l’acquisizione di alcuni verbali, in particolare quelli relativi all’omicidio di Pietro Pulice, il cui corpo, come ha riferito Saverio Cappello nel verbale del 19 marzo del 2012, venne recuperato da Vincenzo Ventura che dopo qualche tempo dal suo coinvolgimento nell’omicidio di Federico Gualtieri, ucciso il 27 marzo del 2007, decise di diventare collaboratore di giustizia. Nel verbale del marzo del 2012 Rosario Cappello in riferimento all’omicidio di Pulice, riferì che «l'occasione favorevole, per eliminarlo, si presentò per noi della montagna, quando una mattina Pulice si è presentato alla nostra abitazione nei pressi della pista di go-kart che gestiva mio figlio Saverio». Una circostanza che a Rosario Cappello fu raccontata dal figlio Saverio, dato che lui non era presente in quanto era andato da suo zio a fare il vino. In particolare, il figlio Saverio gli raccontò «di avere ucciso Pulice», pur non spiegandogli «le modalità esatte con le quali aveva ucciso Pulice, disse solo che aveva preso parte al delitto anche mio cognato Vincenzo Ventura e che avevano provveduto a trasportare il corpo di Pulice utilizzando l'autovettura di questo ultimo in una zona della montagna di Sambiase dove avevano provveduto a bruciare il corpo». Ventura, che nell’ambito dell’opera - zione “Perseo” è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare perchè accusato di avere fatto da supporto ai killer nell’omicidio Gualtieri e Pulice, potrebbe aver svelato non solo alcuni fatti relativi all’omicidio Gualtieri e Pulice, ma anche su altri fatti programmati dalla cosca Giampà e ai quali avrebbe partecipato. Pietro Pulice, secondo il racconto di Rosario Cappello, fu assassinato perché, «pur essendo un affiliato della cosca Giampà, era divenuto "scomodo", in quanto raccontava cose che mettevano zizzania tra noi associati e in più aveva astio nei confronti di noi della "montagna"». Pulice, per come riferito dallo stesso Cappello, «nell'ambito della cosca Giampà aveva il ruolo di killer e era temuto dagli stessi Giampà proprio in relazione alla sua attività di killer, poiché temevano che potesse mettere a segno un'azione isolata contro uno degli appartenenti alla cosca».

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