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Kiterion: la Dda pronta per nuovi provvedimenti

Avvocati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine, piccoli imprenditori, amministratori locali ed anche un monsignore. Nelle oltre mille pagine del provvedimento di fermo di 37 presunti affiliati o collusi alla cosca Grande Aracri disposto dai magistrati della Procura antimafia di Catanzaro, oltre alle persone condotte in carcere l’altra mattina dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone, compaiono i nomi di molti altri soggetti e come ormai accade sovente nelle inchieste sulla criminalità organizzata non mancano nè i cosiddetti “colletti bianchi”, né gli insospettabili che in una circostanza, piuttosto che in un’altra si sarebbero “messi a disposizione” del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri. Ecco perchè la Dda è pronta per nuovi provvedimenti. Ed è destinata ad allargarsi ed a coinvolgere nuovi personaggi l’inchiesta “Kiterion” condotta sul campo dai militari del Nucleo investigativo del Reparto Operativo dei Carabinieri del Comando provinciale di Crotone. Stamattina per intanto i 29 fermati tra Cutro, Isola Capo Rizzuto e nel Crotonese, compariranno davanti ai magistrati dell’Ufficio Gip del Tribunale di Crotone per l’udienza di convalida del provvedimento emesso dalla Dda che risidegna anche la geografia delle cosche di ‘ndrangheta, assegnando a Grande Aracri, definito un “caposocietà”, una posizione di preminenza su tutte le ‘ndrine della Calabria centrosettentrionale: «Da Sibari a Vibo Valentia le portiamo noi», dice Nicolino Grande Aracri ad un 47enne di Botricello, in un colloquio del 25 dicembre 2012, intercettato dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Crotone. «Antonio – avrebbe inoltre continuato Grande Aracri – mi ha detto che a Botricello sono sotto di noi». Ed ancora: «A Catanzaro si può dire che sono tutti sotto di noi». Le dichiarazioni del boss per magistrati ed investigatori dell’Arma, sono corroborate tra gli altri da un “pentito” di spessore della ‘ndrangheta calabrese: Giuseppe Giampà, di Lamezia Terme. In un interrogatorio reso il 06.11.2012, all’allora pm della Dda di Catanzaro Salvatore Curcio, il boss di Lamezia, sostiene che «Crotone si è distaccata dalla provincia (di ‘ndrangheta), di Reggio Calabria e ha fatto una provincia per fatti suoi come a Reggio». Il pm Curcio a qual punto gli chiede: «Chi c’è a capo di questa area di Crotone?». «Mo vi spiego la situazione – risponde Giampà – . C’è il locale di Cutro, il locale di Isola, il locale di Cirò, i vari locali. Poi c’è il capo crimine come c’è stato a Reggio, il fatto di Reggio, però il capo crimine non è che…praticamente è una persona che viene, ogni anno viene rinnovata per non essere diciamo rintracciata e si passano diciamo un anno nel locale di Cirò e l’anno prossimo nel locale di Cutro, però parliamo sempre». Curcio chiede a Giampà: «Per esempio, a voi vi risulta che Cirò sia stata mai crimine dell’area crotonese?». «Avete mai conosciuto – chiede ancora il pm al collaboratore – o saputo chi c’era a Cirò?». Giampà così risponde: «Vabbè, a Cirò c’era Farao, Marincola, il primo locale che è stato nell’area crotonese, poi c’era il locale di Isola che diciamo è capo società Pasquale Nicoscia e contabile è Paolo “pistola». Il pm Curcip: «Lentini?». Giampà: «Paolo Lentini, sì». Il magistrato ancora chiede: «Ascolti un attimo. E quindi Crotone si stacca. E chi viene individuato come crimine dell’area di Crotone? Voi avete fatto riferimento a Cutro». Giuseppe Giampà risponde: «Sì, Cutro, Grande Aracri». Il pm Curcio insiste: Chi?». E Giampà ribadisce: «Nicolino». Il collaboratore di giustizia figlio di Francesco Giampà detto il “professore”, boss storico della ‘ndrina di Lamezia aggiunge: «Ehe, diciamo sono stati loro che hanno voluto sto distacco, diciamo hanno fatto sta combutta diciamo per fare una provincia a parte». Il pm Curcio continua: «Ma voi sapete chi ha dato il benestare perché Nicolino diventasse crimine dell’area di Crotone? Voi dite che addirittura è stata creata una provincia autonoma rispetto a Reggio Calabria». «Sì, sì – risponde Giuseppe Giampà – perché noi, mo vi spiego la situazione, perché noi ci stavamo distaccando dalla provincia di Reggio Calabria, perché noi dipendevamo dalla provincia di Reggio Calabria, ci siamo distaccati e ci siamo appoggiati al locale di Cutro». Il magistrato in un altro passaggio dello stesso interrogatorio riportato nel provvedimento di fermo, chiede ifine a Giampà: «questa provincia “autonoma”, chiamiamola così, questa provincia autonoma del crotonese oltre all’area, immagino, al mandamento ionico-crotonese-catanzarese e via dicendo, quali altre aree abbraccia?». Giampà replica: « Lamezia». Curcio: «Quindi anche Lamezia Terme?». Giuseppe Giampà ribadisce: «E sì perché noi, ve lo sto dicendo, noi siamo distaccati dalla provincia di Reggio Calabria». (l. ab.)

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