C’è acqua e acqua. Quella potabile, quella “conforme” ai parametri determinati e quella dell’invaso dell’Alaco mai caratterizzato e mai classificata. C’è acqua e acqua anche se la gente, tra l’una, l’altra e l’altra ancora, non sa cosa ha bevuto, cosa sta bevendo e per cosa sta pagando. E sulla questione acqua interviene con un articolato documento Luciano Gagliardi, rappresentante dell’associazione “Compresi gli ultimi” aderente al coordinamento nazionale Forum dei Movimenti per l’acqua, il quale chiede d’essere nuovamente sentito dal prefetto Giovanni Bruno, ma soprattutto che «i responsabili dell’Asp deputati alla tutela della salute collettiva provvedano, come è loro obbligo di legge, a segnalare con sollecitudine e massima diffusione i rischi derivanti dall’utilizzo dell’acqua per usi potabili o comuni e a esprimere correttamente nei certificati il giudizio di non potabilità che implicitamente si desume dal cambio di dicitura da “potabile” a “conforme”». Farneticazioni? Proprio no, perché se due più due fa quattro – e negli esami dell’acqua due più due deve fare quattro – i conti non tornano. In pratica nelle abitazioni (in quelle di un terzo dei calabresi e in quasi tutto il Vibonese) l’acqua che fuoriesce dai rubinetti delle case arriva dall’invaso dell’Alaco dopo processi “spinti” di potabilizzazione. Processi che però sono fatti in base alla classificazione delle acque della fiumara Alaca considerato che nell’invaso nessuno finora ci ha messo mano. Però è dall’invaso che l’acqua viene prelevata. Una vicenda, peraltro, qualche giorno fa finita al centro dell’inchiesta della Procura “Acqua sporca 2”. Insomma è da anni che si parla e si discute della potabilità o meno dell’acqua, è da anni che la Procura indaga un tot numero di persone per avvelenamento colposo delle acque e di recente ne ha aggiunte altre, ma il problema di fondo non è stato risolto. Tutto ciò pone in risalto Gagliardi, anche e soprattutto sulla scorta delle risultanze delle indagini che hanno portato alla nuova operazione – «dai mass media –evidenzia –abbiamo appreso che l’acqua che giunge nelle nostre case, proveniente dal bacino dell’Alaco, non è mai stata analizzata secondo le leggi vigenti» – e in base a quanto emerso dai documenti dei servizi segreti desecretati sui rifiuti disseminati nella zona della Lacina. Così come stanno le cose, dunque, gli aspetti da chiarire sono tanti a cominciare dall’invaso che, per assurdo, potrebbe anche contenere acqua di una purezza tale da far impallidire quelle minerali. Secondo quanto rilevato dal rappresentante di “Compresi gli ultimi” in tutta la questione acqua l’unica novità arriva dall’Asp, in quanto «l’acqua pubblica vibonese, attualmente, non è più come in passato certificata illecitamente come potabile, ma viene più correttamente definita “conforme ai parametri determinati”». Per Gagliardi, dunque, il cambio di dicitura nei documenti ufficiali dell’Asp «esprime evidentemente consapevolezza riguardo all’impossibilità, legale e medico-scientifica, di definire “salubre e pulita”, come richiesto dalle norme vigenti, la sgradevole e misteriosa miscela acquosa la cui composizione chimico-batteriologica è quasi completamente incognita». Ma la questione non finisce qui, perché c’è acqua e acqua, appunto. E acqua è anche quella per cui i vibonesi pagano «distribuita con modalità dannose per i cittadini e inspiegabilmente fatturata e riscossa dall’amministrazione comunale, tramite Equitalia, come se fosse realmente potabile». Una situazione che per Gagliardi ha tutti i connotati di una vera e propria «estorsione» da parte dello Stato, per cui chiede la sospensione delle «ingiuste e illegali vessazioni».