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Presunti favori ai Bellocco, chieste sei condanne a 8 anni

  Sei condanne a 8 anni di reclusione ciascuno per altrettanti imputati coinvolti nell’inchiesta denominata “Abbraccio” su presunti favori al clan Bellocco di Rosarno, che coinvolse l’al - lora giudice del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, Giancarlo Giusti. È questa la richiesta del pubblico ministero antimafia di Catanzaro, Vincenzo Luberto, avanzata al termine della propria requisitoria al giudice distrettuale dell’udienza preliminare, Carlo Saverio Ferraro. Nel dettaglio, il procuratore aggiunto di Catanzaro ha chiesto di giudicare colpevoli e quindi condannare: Domenico e Rosso Bellocco (avv. Guido Contestabile), Domenico Punturiero (avv. Valerio Spigarelli, Marianna Puntoriero e Vincenzo Cicino), e poi Gaetano Gallo, Giuseppe Gallo (avv. Nunzio Raimondi e Adele Manno), e Rocco Gaetano Gallo (avv. Nunzio Raimodi e Maria Mandaglio). I riti alternativi proseguiranno il 14 aprile nell’aula bunker di Catanzaro con le arringhe difensive, mentre proseguirà il 14 maggio davanti al tribunale collegiale del capoluogo calabrese il processo a carico di Giusti, che ha scelto la via del dibattimento. Gli imputati rimasero coinvolti nell’inchiesta denominata “Abbraccio” – condotta dalla Dda di Catanzaro competente per via del coinvolgimento di un giudice in servizio nella Città dello stretto -, con la quale furono contestate complessivamente accuse che vanno dal concorso esterno in associazione mafiosa alla corruzione in atti giudiziari aggravata dall’agevolazione mafiosa. Le indagini, secondo gli inquirenti, avrebbero consentito di documentare, con il supporto di numerose intercettazione telefoniche ed ambientali in carcere e di vari riscontri, che Giusti, in qualità di componente del Tribunale del Riesame di Reggio, avrebbe favorito la scarcerazione di elementi considerati di spicco della cosca di ‘ndrangheta dei Bellocco (Rocco Bellocco, Rocco Gaetano Gallo e Domenico Bellocco, detto “Micu ‘u Lungo”), operante sul territorio di Rosarno, in cambio di una somma di denaro pari a 120 mila euro. Questa la tesi accusatoria che stava alla base dell’ordinanza cautelare eseguita a carico degli indagati il 14 febbraio dello scorso anno, e che fu notificata all’allora giudice Giusti presso il suo domicilio, dove l’uomo si trovava agli arresti per una precedente condanna a 4 anni di reclusione emessa a suo carico nel settembre del 2012 a seguito di una inchiesta della Dda di Milano che lo accusò di corruzione aggravata in concorso con il presunto boss della ‘ndrangheta calabrese radicata a Milano, Giulio Lampada, rispetto a quando era giudice al tribunale di Palmi. Inchiesta che aveva portato anche alla sospensione di Giusti da parte del Consiglio superiore della magistratura.

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