Ancora sigilli antimafia in Emilia sui beni riconducibili a Francesco Grande Aracri fratello del boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri. Ieri mattina i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Emilia insieme agli ufficiali giudiziari hanno contestualmente notificato al 61enne imprenditore edile originario di Cutro, ma da anni residente a Brescello, un provvedimento di “confisca di prevenzione antimafia” che riguarda beni che gli erano stati già sequestrati nel novembre del 2013, ma anche un nuovo decreto di sequestro preventivo di altri beni immobili intestati ad alcuni congiunti dello stesso Francesco Grande Aracri. Le misure patrimoniali sono state entrambi disposte dal Tribunale di Reggio Emilia-Sezione Misure di prevenzione. Il valore dei nuovi beni sequestrati ai familiari di uno dei fratelli di colui che è considerato il boss di Cutro, ammonta a circa mezzo milione di euro. La nuova misura patrimoniale preventiva disposta dal presidente del Tribunale Reggiano Francesco Caruso, su richiesta del pm della Dda di Bologna Mario Mescolini, riguarda in particolare: un’azienda per la lavorazione del marmo ubicata in un’area già sottoposta a sequestro, e intestata a Paolo Grande Aracri e Carmelina Passafaro, rispettivamente figlio e nuora (moglie di un altro figlio), di Francesco, nonché un’abitazione ed un’autorimessa intestate all’altra figlia del 61enne: Rosita. Il provvedimento patrimoniale antimafia arriva undici giorni dopo il deposito dell’avviso di conclusione indagine dell’inchiesta della Dda di Bologna denominata “Aemilia” contro un presunto sodalizio di ‘ndrangheta attivo nella Valle del Po, ma legato alla “cosca madre” di Cutro. All’indagine risulta estraneo Francesco Grande Aracri che non compare tra i 224 indagati. Ma il 61enne cutrese per gli investigatori dell’Arma, sarebbe comunque uomo del clan capeggiato dal fratello. Francesco Grande Aracri, ha scontato una condanna definitiva a 3 anni e 6 mesi per associazione di stampo mafioso, in seguito a una sentenza – divenuta definitiva nel 2008 – del processo scaturito dall’operazione dei carabinieri chiamata “Edilpiovra”. Nel novembre del 2014 la Corte d’Appello di Bologna gli ha inoltre confermato la misura della sorveglianza speciale. Un anno prima al 61enne, tra l’Emilia e la Calabria, gli erano stati sequestrati beni mobili ed immobili per un valore di circa tre milioni di euro. Con quel provvedimento (tra i primi emessi nel Nord Italia), a Botricello venne sequestrato un appartamento di località Botro, di proprietà di Francesco Grande Aracri. A Brescello invece il sequestro_ – come precisò al tempo una nota del Comando provinciale Carabinieri di Reggio Emilia – scattò per due società del settore edile, cinque case, nove negozi, due auto e un terreno rurale. Vennero inoltre sequestrati, sedici titoli bancari, tra conti correnti e depositi. Per gli investigatori dell’Arma e della Dda di Bologna quei beni che il Tribunale di Reggio Emilia, gli ha adesso confiscato, sarebbero il frutto di attività illecite. Lo stesso si ipotizza per l’azienda di lavorazione del marmo, l’abitazione e l’a u t orimessa sottoposti ieri a sequestro preventivo dal Tribunale del capoluogo emiliano. Una misura – precisa una nota dei Carabinieri di Reggio Emilia – frutto di un’ulteriore richiesta avanzata dalla Direzione distrettuale Antimafia di Bologna sulla scorta delle nuove risultanze emerse durante le diverse udienze dibattimentali tenute sul sequestro del 2013, supportate da riscontri raccolti dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Emilia.
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