Ci sono "nuovi elementi", dai quali emergerebbe che la "responsabilità penale per le gravi e irreversibili condizioni in cui giace la Caterina Viscomi non può e non deve essere attribuita esclusivamente all’anestesista, ma deve essere estesa anche a coloro che, insieme a lei, hanno condotto l’atto medico con evidenti e gravi profili di colpa". A metterlo nero su bianco in una memoria integrativa depositata al giudice per le indagini preliminari di Catanzaro è l’avvocato Giuseppe Incardona, del Foro di Palermo, che rappresenta Paolo Lagonia, il marito della sfortunata Caterina Viscomi, la donna finita in coma a seguito del parto cesareo al Pugliese che ha dato alla luce un bel bambino.
La tragedia si è consumata il 6 maggio del 2014 nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale catanzarese. Dopo la denuncia dei familiari e le successive indagini, lo scorso maggio la Procura ha concluso rilevando la responsabilità di quanto accaduto esclusivamente a carico dell’anestesista, che però nel frattempo è deceduta. Secondo i consulenti medico-legali del pm, «si può affermare senza ombra di dubbio che sono riscontrabili errori riferibili a imprudenza ed imperizia nell’operato dell’anestesista». Per questo secondo la Procura, come richiesto formalmente al gip, l’inchiesta andrebbe archiviata per estinzione del reato (articolo 150 del Codice penale). Ma la famiglia della vittima non ci sta. E tramite l’avvocato Incardona ha presentato formalmente opposizione: l’udienza camerale fissata dal gip si terrà la prossima settimana, e in vista di quest’importante appuntamento è stata depositata la memoria integrativa.
La richiesta è di indagare ancora, potrebbero esserci altre responsabilità oltre a quella dell’anestesista. Al gip spetta adesso l'ultima parola.