Clan Giampà al tempo della scissione. era il 2008 o giù di lì. Molti affiliati si trovavano in carcere. Vincenzo Bonaddio, cognato del “Professore”, assunse la reggenza della cosca. Aveva stretto un patto col costruttore Francesco Cianflone e tutto quanto era cemento nella zona Est della città passava da lui. Cianflone diede al vice boss 20 mila euro in un colpo solo, con la promessa che gli avrebbe pagato 3 euro per ogni metro cubo di calcestruzzo versato dalle sue betoniere.
Ma Giuseppe Giampà, il figlio del “Professore” che all’epoca era 28enne, non condivideva quel patto fatto dallo zio Vincenzo. E disse ai suoi di contattare Roberto Piacente, produttore di cemento in Via del Progresso. Gli parlò Battista Cosentino, factotum del clan, e si mise d’accordo con l’imprenditore per 5 euro al metro cubo di cemento, a condizione che gli avrebbe fatto ottenere appalti.
Questi particolari dei contrasti interni tra Giampà li racconta proprio Battista Cosentino al Tribunale che l’interroga nel processo agli imprenditori Francesco Cianflone e Antonio Gallo, accusati di essere collusi col clan di Via del Progresso. Furono arrestati nell’oprazione “Piana” per associazione mafiosa con altri due imprenditori lametini, Davide Orlando e Roberto Piacente, nel maggio di tre anni fa. Questi ultimi due che avevano scelto il rito abbreviato sono stati condannati nel 2014 per concorso esterno nel clan dal Gup distrettuale di Catanzaro (5 anni e 4 mesi per a Orlando, 4 anni e 8 mesi per Piacente).
Cianflone e Gallo hanno scelto d’essere giudicati in dibattimento. Riparte in aula la sfilata dei pentiti con Cosentino, autista di Pasquale Giampà “Millelire”.
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