
È durato meno di un anno (dal febbraio 2015) il soggiorno a Soriano dei reperti provenienti dal museo “Vito Capialbi”. Il nascente polo della ceramica medievale dovrà fare a meno dei cocci, almeno per il momento.
Il ministero dei Beni culturali, su input della direzione generale del comparto archeologico, ha disposto la revoca della convenzione siglata nel 2011 per una serie di «illegittimità» e la «restituzione dei reperti alla soprintendenza».
Il fatto, passato in sordina, è di straordinaria rilevanza e dimostra che le denunce arrivate dai sindaci dei centri da cui i beni erano stati prelevati, a seguito delle notizie apparse sulla Gazzetta del Sud, non erano del tutto infondate.
La porta non è stata tuttavia chiusa in faccia agli amministratori del comune di Soriano. Il primo cittadino Francesco Bartone ha ricevuto l’invito «a provvedere all’attuazione delle procedure previste dalla legge» per riottenere una parte limitata di reperti in un futuro prossimo.
Nel frattempo, i beni sono stati portati via dal centro delle Preserre e condotti in un deposito della soprintendenza situato a Lamezia Terme. In quella sede, gli esperti del nascente museo di Soriano potranno recarsi per valutare parte del materiale ed eventualmente procedere con nuove richieste per un’eventuale esposizione temporanea, a seguito del lasciapassare della direzione generale del comparto archeologico.
Il tutto dopo che si saranno valutati l’incartamento, la nuova convenzione e la validità del progetto scientifico.
A stretto giro di posta, la stragrande maggioranza delle decine di cassette portate via dal museo “Capialbi”, farà, invece, rientro nel capoluogo. La soprintendenza – dove da poco è iniziata l’era post-Iannelli ( l’ex soprintendente divenuta, una volta in pensione, direttrice del nascente polo museale di Soriano) – stabilirà solo successivamente quale uso farne, se e dove esporre una parte dei ritrovamenti. Pare si stia predisponendo un apposito spazio nei locali di palazzo “Santa Chiara” che attualmente ospita il Sistema bibliotecario vibonese.
Questioni che si affronteranno nel tempo. Al momento da ravvisare c’è la sostanziale marcia indietro della soprintendenza che non ha inteso legittimare il trasferimento a Soriano di reperti rinvenuti in ogni angolo della provincia.
La notizia, infatti, aveva sollevato un autentico polverone, con le lamentele legittime di tutti i comuni del territorio da cui provenivano i cocci ritrovati. Ad alzare la voce, tra gli altri, il Fai, Rete civica vibonese, l’associazione ViboInsieme, gli amministratori di Mileto, il proprietario della collezione Bulzomì, il sindaco di Tropea Giuseppe Rodolico che aveva preteso la revoca in una missiva al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini.
Non era rimasta silente neppure l’amministrazione comunale del capoluogo. In una delibera di giunta, pubblicata nelle scorse settimane, il sindaco e l’intero esecutivo avevano espresso tutto il proprio disappunto per «la stranezza dell’iter seguito» e «per la durata insolita della convenzione». Addirittura 20 anni, con rinnovo automatico, a fronte di un periodo che per questo tipo di operazioni oscilla, al massimo, tra i tre e i cinque anni.
Dall’esecutivo di palazzo “Luigi Razza” era partito un diktat severo affinchè non si aprissero le cassette contenenti reperti non inventariati e fosse limitata la durata dell’esposizione presso il convento di Soriano Calabro ad un anno al massimo. Il caso è stato sollevato nel momento in cui, in seguito alla divulgazione della notizia, amministratori e addetti ai lavori si sono resi conto del fatto che i reperti trasferiti non erano esclusivamente ceramiche, ma medaglie di varie dimensioni, anelli in argento e in bronzo e diverse monete. Materiale che a breve farà rientro nel museo “Capialbi” salvo capire, poi, come valorizzarlo, affinchè non continui a rimanere “sepolto”.
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