
Cos’è successo quel maledetto giorno in sala parto? A chiederlo non è più soltanto la famiglia di Catia Viscomi, la professionista di Soverato finita in coma a seguito di un parto cesareo, ma anche il Ministero della Salute. Da Roma, infatti, la Direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei princìpi etici di sistema ha chiesto una relazione sui fatti all’assessorato regionale alla Salute.
«Da quanto rappresentato dal sig. Paolo Lagonia (il marito della donna, ndr) nonché dalla disamina della documentazione da lui trasmessa – scrive il dg Alessandro Ghirardini – sembra emergere, al di là degli esiti processuali in sede penale, un percorso assistenziale quantomeno non adeguato alle condizioni della paziente nella fase di gestione del parto e dell’emergenza verificatasi nell’immediatezza del taglio cesareo, resosi necessario per il mancato impegno del feto nel canale del parto».
Interesse del Ministero della Salute è dunque «verificare che l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) avvenga nel rispetto delle condizioni di qualità, appropriatezza e di efficienza nell’ultilizzo delle risorse».
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