«In cosa consiste la professione di un medico? Nel prendere una persona in cura cercando di fare il possibile per comprendere la cause del suo malessere facendo tutto ciò che è giusto fare per fornire al malato una diagnosi? Per Giuliana non è stato fatto niente. Una condotta del genere non può passare ingiudicata».
A pronunciare queste parole è Sandra, sorella di Giuliana Panucci la donna di 44 anni deceduta il 3 ottobre del 2014 a Montepaone a causa di un carcinoma bronchiolo alveolare di tipo mucinoso metastatizzato (tumore al polmone), dopo essere stata curata a lungo per una malattia che non era quella che le causava i sintomi e i malesseri più volte comunicati ai medici che l’avevano avuta in cura. Una vicenda finita oggi sul tavolo della Procura della Repubblica di Catanzaro, chiamata a far luce sulle presunte condotte omissive degli specialisti in servizio in due ospedali del Catanzarese e in una clinica privata della provincia cosentina. Le accuse contenute nella denuncia, che richiama le responsabilità personali dei medici in servizio, sono chiare e supportate da una lunga perizia medico-legale. Si tratterebbe in pratica di una diagnosi ritardata che avrebbe, sempre secondo la perizia, accorciato la sopravvivenza della donna, stimata in almeno cinque anni, ridotta secondo le accuse a pochissimi mesi.
«Giuliana - spiega ancora la sorella - avrebbe dovuto ricevere le corrette informazioni per autodeterminarsi, e solo lei avrebbe dovuto eventualmente considerarsi spacciata o meno. Per mesi invece ha vissuto nella convinzione di essere affetta da una “probabile polmonite criptogenica organizzativa” come del resto più volte è stato scritto nei referti. Si è così fidata di uno specialista che le ha dato speranza, ma che sfortunatamente ha sbagliato. C’erano delle evidenze in un quadro clinico che meritava forse di essere approfondito, per indicare quantomeno una diagnosi non “probabile” ma certa. Credo che non si possano accettare passivamente delle condotte come quelle adottate nei confronti di mia sorella, quando a farne la spese è la salute delle persone. Una denuncia non restituirà a mia sorella il tempo perduto ma credo bisogna dare un senso a quello che è successo perché non accada a nessuno».
Sono indignate ma non rabbiose le parole della signora Panucci, testimone di una storia che ha intimamente toccato il cuore di diversi cittadini di Montepaone che custodiscono la memoria della cara Giuliana, le cui ceneri sono state sparse in mare nel corso di un commovente rito che ha segnato l’epilogo di una vicenda su cui sono molti i punti da chiarire.
«Il ritardo diagnostico - rileva la perizia depositata insieme con la denuncia - è da imputare al medico che ha eccessivamente temporeggiato nel richiedere l’accertamento broncoscopico che già il 10 settembre 2013 andava tempestivamente eseguito, visto il persistere della sintomatologia, malgrado il trattamento con cortisonici e antibiotici a cui era stata sottoposta la paziente, il quadro della tac polmonare e i precedenti anamsesici familiari di cancro al polmone. Il ritardo considerevole di circa 4 mesi con cui è stato eseguito l’esame broncoscopico; la quantità insufficiente di materiale bioptico prelevato che ha reso impossibile una diagnosi certa; il ricorso di un successivo prelievo a distanza di quasi 3 mesi senza nessun sollecito da parte di nessun sanitario; il ritardo nella consegna del referto da parte delle strutture cui la campionatura era stata inviata dalla casa di cura in cui era stato ordinato di eseguire: tutto ciò ha fatto sì che solo il 5 maggio 2014 pervenisse ai sanitari il referto istopatologico con la diagnosi di carcinoma bronchiolo alveolare di tipo mucinoso, quando ormai la neoplasia si era diffusa e metastatizzata, per cui nessuna efficacia di trattamento terapeutico poteva essere instaurata. Si può quindi affermare - conclude il medico legale - che a causa del ritardo diagnostico cagionato dal comportamento dei sanitari che l’hanno avuta in cura, la signora Giuliana Panucci ha subìto una marcata riduzione della prognosi quoad vitam solitamente prevista in circa 5 anni per carcinoma polmonare».
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