Una vicenda che ha riportato la paura nel comprensorio soveratese quella avvenuta nel tardo pomeriggio di giovedì, quando una donna di origini straniere ha tentato di rapire una bambina di 3 anni mentre stava per tornare nella propria abitazione accompagnata dai nonni con i quali aveva trascorso il pomeriggio. «È mia figlia!», ha urlato la donna che già una volta aveva tentato di avvicinare la bambina (con la quale non aveva nessun legame) che ha cercato di afferrare probabilmente, raccontano i testimoni, con lo scopo di portarla via. Un intento fortunatamente non riuscito per l’immediato intervento del padre che è sceso dalla propria abitazione dopo essere stato avvisato di quanto stesse succedendo, per sottrarre la propria figlia dalla donna che si è poi allontanata prima dell’arrivo di una pattuglia del 112 chiamata ad intervenire. L’episodio, denunciato alla compagnia dei carabinieri di Soverato e alla Questura di Catanzaro, non sarebbe l’unico e sembra, per quanto emerso dalle prime indiscrezioni, essere legato ad una vicenda di cui molto si è discusso nella cittadina di Soverato ma mai balzata ufficialmente agli onori della cronaca.A renderla nota, infatti, era fino ad ora stato solo il passaparola dei genitori di diversi alunni delle scuole soveratesi che avevano, nelle scorse settimane, segnalato la presenza di una donna nei pressi degli asili e delle scuole primarie cittadine che, in stato confusionale, tentava di sottrarre minori alla tutela delle maestre o dei genitori nella convinzione che qualcuno avesse nascosto negli edifici pubblici la propria figlia. Una convinzione che sarebbe scaturita dal trauma subìto dopo il provvedimento che ha determinato l’allontanamento della figlia della donna, per un provvedimento emesso dal tribunale di Catanzaro nel mese di gennaio. Il precario stato psicologico della donna, a seguito della separazione dalla propria bambina, era stato segnalato alle autorità cittadine che avevano deciso di intervenire attraverso un trattamento sanitario obbligatorio, nel tentativo di tenere sotto controllo una situazione che continua, però, evidentemente a creare problemi. Una vicenda che riporta a Soverato e nel comprensorio, una coda di rabbia lasciando sospesi degli interrogativi che rimangono in attesa di risposte. Una storia, quella soveratese, che ricalca quella di altre vicende avvenute sul territorio calabrese dove forse meriterebbe maggiori risorse il settore dei servizi sociali, costretto ad operare in situazioni non sempre facili da gestire che, come in questo caso, rischiano di degenerare. Il caso dell’allontanamento di una minore dalla propria madre, che fa da sfondo alla vicenda soveratese, non è infatti isolato e si inserisce in una statistica che lascia poco spazio alle interpretazioni. Solo nel 30% dei casi l’allontanamento di un minore dalla propria famiglia è consensuale, mentre nella restante percentuale ciò scaturisce da una misura di protezione urgente che non è facile da accettare per un genitore. Numeri alti che impongono la valutazione di un potenziamento di un settore che si è sempre distinto nel territorio per numerose iniziative, ma che è ancora costretto ad agire con pochissime risorse economiche.