Secondo sequestro in appena quattro giorni per Franco Perri ed il suo impero di supermarket. L’imprenditore secondo la procura antimafia è «colluso» con il clan Iannazzo, facendo affari da anni. Così dopo il sequestro avvenuto lunedì scorso delle quote societarie in 24 sue aziende, tra le quali il centro commerciale “Due Mari”, ieri il Gip ne ha firmato un altro che riguarda le quote che in molte delle stesse aziende detengono il fratello Pasqualino e la moglie Franca Fazzari. A fare le indagini la guardia di finanza di Catanzaro ed in particolare gli specialisti del Gico. Tutte le quote sequestrate sono state affidate dal magistrato al commercialista Antonio Domenico Mastroianni.
Franco Perri dopo il suo arresto in maggio s’era dimesso da presidente delle società, cedendo gli incarichi al fratello ed alla moglie. Ma il magistrato osserva che si tratta di affidamenti «formali». e che «l’attività è proseguita nel solco della gestione operata direttamente dall’indagato». L’imprenditore in galera è rimasto meno di un mese. Arrestato in maggio nell’operazione “Andromeda” contro la cosca Iannazzo ed accusato di associazione mafiosa, dopo l’intervento dei suoi avvocati Salvatore Staiano e Francesco Pagliuso in giugno ha ottenuto i domiciliari ed a settembre la libertà.
Per domattina nell’hotel davanti al “Due Mari” l’imprenditore ha convocato una conferenza stampa in cui sarà affiancato dai suoi avvocati. Franco Perri vuole dire la sua dopo l’attacco frontale scagliato dalla magistratura che da tempo teneva sotto controllo i telefonini suoi e quelli di tutti i familiari.
Nel secondo decreto di sequestro firmato dal Gip distrettuale Giuseppe Perri (solo omonimo dell’indagato), e chiesto dal pubblico ministero Elio Romano, viene sottolineato il modo di fare impresa di Franco Perri, attraverso le rivelazioni di Angelo Torcasio, un pentito che era organico alla cosca Giampà ma teneva buoni rapporti con gli Iannazzo. Secondo il collaboratore di giustizia quando la più grande catena europea di discount decise di aprire un punto vendita in Via del Progresso, tutt’ora attivo, Franco Perri fece intervenire suo cognato Antonio Cefalà che aveva rapporti diretti col boss Vincenzino Iannazzo (la moglie del boss era stata assunta nel supermercato di Sant’Eufemia gestito da Cefalà). Secondo Cefalà bisognava impedire che un supermarket aprisse a pochi chilometri dal “Due Mari”.
La zona di Via del Progresso era controllata dai Giampà. I due clan concordarono che avrebbero fatto costruire il grande capannone giallo pagando il “pizzo”, e dopo che era completato l’avrebbero incendiato. Il compenso degli Iannazzo ai Giampà era di 50 mila euro. Ma il discount, sempre secondo il pentito, avrebbe chiesto protezione ad un clan mafioso di Gioia Tauro. L’offerta ai Giampà fu di 30 mila euro ma con la garanzia di assunzioni “raccomandate”. Giuseppe Giampà accettò quest’ultima offerta.
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