Catanzaro, Crotone, Vibo

Lunedì 25 Novembre 2024

Soprusi, violenze e angherie dietro una strage premeditata

Soprusi, violenze e angherie dietro una strage premeditata

La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro deposita le motivazioni della sentenza, emessa lo scorso 14 dicembre, nei confronti dei responsabili della strage di Scaliti di Filandari, compiuta il 27 dicembre del 2010.

Diciassette pagine in cui i giudici, al termine del secondo processo d’appello dopo il pronunciamento della Cassazione, spiegano i motivi per i quali hanno confermato l’ergastolo (pur riconoscendo l’attenuante della provocazione), ritenendoli gli esecutori materiali di quella strage, a carico dei fratelli Ercole e Francesco Saverio Vangeli mentre hanno alleggerito la pena (13 anni e 10 mesi) nei confronti di Pietro Vangeli (figlio di Francesco Saverio) e del cognato Gianni Mazzitello, anche loro presenti sul luogo di quella carneficina e ai quali erano già state riconosciute le attenuanti generiche e successivamente la provocazione.

Nelle motivazioni diverse pagine sono dedicate alla premeditazione, la cui configurabilità (nella sentenza della prima Assise di Appello) era stata oggetto di censura da parte della Suprema Corte. Sul punto, dopo aver rilevato il conflitto esistente da anni tra le famiglie Fontana e Vangeli, i soprusi, le angherie e le vessazioni subiti da quest’ultimi – non ultimo lo schiaffo a Francesco Saverio Vangeli in un luogo pubblico uno o due giorni prima di Natale – la Corte d’Assise d’Appello ritiene che proprio quest’ultimo episodio abbia fatto scattare il proposito criminoso dei due fratelli in quanto «risolutivo di una situazione opprimente e oltraggiante, non ulteriormente sopportabile». Inoltre i giudici evidenziano che «all’indomani della cena di Natale, Francesco Saverio Vangeli cominciò a preparare all’uso la sua arma» spostandola da un comodino nella tasca del giubbotto. Al contempo – il 22 dicembre – Ercole Vangeli acquistava in un’armeria di Ricadi una pistola semiautomatica 9x21 (marca “Girsan” modello Yavuz 16), corredata da tre caricatori con una capienza di 15 colpi ciascuno e cento proiettili. Secondo i giudici i fratelli Vangeli non utilizzarono i fucili che detenevano legalmente in quanto poco pratici e avvistabili «in vista dell’obiettivo che avevano realmente di mira», ovvero tutti i maschi della famiglia Fontana «onde evitare che anche un solo sopravvissuto potesse poi avviare una reazione violenta nei loro stessi confronti».

Secondo quanto messo nero su bianco dai giudici della Corte d’Assise d’Appello i Vangeli avrebbero fatto in modo che le vittime designate si trovassero tutte nello stesso luogo e nello stesso momento in modo da coglierle di sorpresa. «L’uso delle pistole in luogo dei fucili – si rileva nelle motivazioni della sentenza – unitamente all’impressionante volume di fuoco che venne portato e poi sviluppato contro i Fontana – furono utilizzati due caricatori ed esplosi 30 colpi cal. 9x21 – venne reputato la soluzione migliore, garantendo all’azione delittuosa assoluta continuità e peculiare micidialità offensiva». E ancora l’esigenza di colpire tutti gli uomini della famiglia Fontana «indusse gli imputati a prepararsi adeguatamente al compimento dell’eccidio programmato, compresa l’attesa dell’occasione propizia per rinvenirli tutti insieme nello stesso posto».

In pratica per i giudici del secondo appello «vi fu la precisa ideazione da parte dei fratelli Vangeli, condivisa pienamente da Pietro Vangeli e Gianni Mazzitello, di una reazione violenta finalmente liberatoria da tutti i soprusi e le soverchierie da sempre commesse dai Fontana ai loro danni; posto che, peraltro, nemmeno atteggiamenti concilianti e concessioni di terreni li avevano indotti ad attenuare la loro prepotenza e tracotanza».

Relativamente alle posizioni di Pietro Vangeli e Gianni Mazzitello secondo i giudici avrebbero svolto «un ruolo certamente attivo» e avrebbero «fornito un apprezzabile contributo alla commissione dell’eccidio, sia facendo proprio e rafforzando il proposito criminoso dei fratelli Vangeli, sia agevolando l’esecuzione dell’azione di fuoco» posizionandosi vicino al cancello della masseria e occupando il centro della strada per impedire ogni eventuale tentativo di fuga.

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