Sulla scomparsa di Maria Chindamo, 44 anni, imprenditrice agricola di Laureana di Borrello, aleggia sempre un alone di impenetrabile mistero. Una vicenda triste e scolvolgente avvolta da un silenzio di difficile lettura. Un silenzio che nessuno osa violare magari nel timore di sbagliare. Nessuna risposta agli accorati appelli dei familiari indirizzati «a chi ha visto, a chi ha sentito», nessuna novità sul fronte delle indagini, nessuna segnalazione sia pure anonima.
E intanto lo scorrere del tempo approfondisce il solco del dolore, scava l’anima di quanti hanno voluto bene a Maria, assottiglia la speranza non di riabbracciarla – a quella nessuno ci crede più – ma che il suo corpo venga restituito ai figli assieme alla verità su quanto accaduto.
A quasi tre mesi dalla sua sparizione le indagini della Procura di Vibo Valentia continuano lungo sentieri ormai tracciati. Le ricerche interessano sempre il triangolo Limbadi-Laureana-Rosarno. Nei giorni scorsi sono state fatte ancora perquisizioni e le ruspe hanno scavato nei posti dove si teme possa venire alla luce il peggio. Risultati concreti, però, non ce ne sono. Gli investigatori continuano a tranquillizzare i familiari garantendo che sulla vicenda sarà fatta piena luce. Sul registro degli indagati, tuttavia, ancora non c'è finito nessun nome. Ci sarebbero solo indizi e sospetti, ma perchè la giustizia faccia il suo corso c'è bisogno di prove e, stando a quanto emerge, non è facile recuperarle. Nulla si sa neppure sui risultati di tutti i rilievi effettuati dal Ris di Messina sulla Dacia Duster dell’imprenditrice di Laureana e su una quarantina di veicoli sequestrati in alcune aziende e già restituiti ai proprietari. Indubbiamente il team degli inquirenti della Procura di Vibo, attualmente coordinato da Michele Sirgiovanni, continua ad operare mantenendo il più stretto riserbo, ma tanta giustificata discrezione, nell'immaginario collettivo, non fa che alimentare fantasmi e sospetti.
Anche a Laureana, dove la comunità parrocchiale guidata da don Cecè Feliciano ha portato avanti iniziative a ripetizione per manifestare solidarietà alla famiglia Chindamo, sembra stia mettendo radici la rassegnazione. Ipotesi che il parroco respinge anche se elementi per alimentare una qualsiasi forma di speranza non ce ne sono. «Aspettiamo – afferma don Cecè – il momento del ritrovamento di Maria. Sarà triste, ma liberatorio. Finirà questo stillicidio che ci fa addormentare con briciole di illusione e ci fa risvegliare senza, in una sorta di guerra interiore che non trova pace».
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