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La “drunkoressia” colpisce
una ventenne di Soverato

La “drunkoressia” colpisce una ventenne di Soverato

Una moda che non sarebbe un mistero tra i giovani del territorio che la raccontano come una sorta di prassi consolidata, soprattutto tra le donne. Si tratta di un particolare atteggiamento alimentare legato all’astensione volontaria del cibo, compensata con l’assunzione significativa di alcolici. Un atteggiamento che, prolungato nel tempo, diventa un vero e proprio disturbo che, nella cittadina di Soverato, ha già interessato una giovane donna di 20 anni.

Per descriverlo è stato coniato in America (Paese da cui si è diffuso) il termine di “drunkoressia”, che unisce il termine inglese “alcolizzato” a quello che indica l’anoressia. Un disturbo che parte dal tentativo di bilanciare le calorie in eccesso, assunte attraverso gli alcolici, che sembrano essere sempre più irrinunciabili tra i giovani, eliminandole da quelle dei pasti giornalieri.

E le conseguenze della discutibile pratica alimentare, sono devastanti aumentando i rischi legati ad anoressia e bulimia. Gli esperti spiegano che, nel caso della drunkoressia, ci si trova davanti una persona che ingerisce grandi quantità caloriche che non forniscono però alcuna sostanza importante per il corretto funzionamento del corpo umano, come proteine o grassi. Gli effetti diventano devastanti per la salute, che amplifica i già alti rischi dell’assunzione di alcol per ciò che concerne la capacità di funzionamento del fegato, dei polmoni di filtrare e bloccare le sostanze inalate e del sistema cardio-vascolare.

Il paradosso è che questo regime alimentare nelle giovani donne che scelgono questo particolare stile di vita nell’illusione di conservare o ottenere risultati estetici apprezzabili, finisce per far ottenere risultati opposti, creando un fisico particolarmente flaccido e cadente. Ciò porta ad ulteriori frustrazioni che si combattono con ulteriori assunzioni di alcol, avviando un circolo vizioso da cui è difficile uscire.

Da qui la necessità di affrontare il problema che ha richiesto per la giovane soveratese delle cure da effettuare all’interno di strutture sanitarie al di fuori della Calabria per affrontare un disturbo che, a livello ospedaliero, poche strutture pubbliche curano nel sud Italia.

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