I sospetti sono nati ben presto analizzando smartphone e computer, ma quella che la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ritiene una prova inequivocabile risale allo scorso giugno: una lettera proveniente dalla Danimarca nella quale si fa riferimento alla ricerca di un profilo da impiegare per un possibile attentato.
Non sarebbe soltanto uno scafista il 23enne siriano fermato ieri dalla Guardia di Finanza: Abo Robeih Tarif è formalmente accusato di terrorismo internazionale. Lo inchioderebbero decine di fotografie con armi da guerra ed in zone di addestramento, filmati vari, chat con riferimenti diretti al martirio. Non era il classico scafista che si presta a condurre un’imbarcazione di migranti verso le coste italiane in cambio di somme di denaro: Abo Robeih Tarif avrebbe addirittura acquistato personalmente il motopeschereccio di 20 metri con il quale il 14 settembre 2014 giunse sulle spiagge del Crotonese. E soprattutto avrebbe creato una figura nuova nel panorama del traffico di migranti, lo scafista-terrorista, così come lo hanno definito il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, e l’aggiunto Giovanni Bombardieri. Ad allarmare gli investigatori sono stati i file rinvenuti sugli apparati informatici sequestrati dopo il suo arrivo in Italia. Da questi emergono contatti in diversi Paesi, tra cui Venezuela, Libano, Olanda, Turchia, Danimarca e Irlanda del Nord, ma anche diverse immagini, che erano state cancellate, i cui il cittadino siriano posa con una granata da mortaio, vestito con la tipica tenuta nera degli jihadisti e la bandana con scritto “Allah è grande”. Con lui compaiono anche il fratello e, in un caso, la madre in un campo di addestramento. La GdF è stata anche in grado di risalire a tre città siriane in cui il presunto terrorista si sarebbe addestrato e formato: Hama, dov’è nato, Idleb e Tartus, dove avrebbe anche festeggiato l’uomo che indossava una cintura esplosiva ritratto insieme a lui in una foto. «Dopo l’arresto come scafista – ha riferito Gratteri – abbiamo trovato foto con armi di ogni genere. Quel telefonino gli serviva per dimostrare chi fosse e di quale organizzazione facesse parte».
Quella di Abo Robeih Tarif sarebbe stata una rete molto ampia, al punto che anche durante la detenzione a Catanzaro avrebbe continuato a tenere contatti con sospetti terroristi. Infatti, la Polizia penitenziaria ha intercettato una missiva nella quale l’interlocutore chiede le caratteristiche di una persona da individuare per un compito «non bene chiarito». Una frase avulsa dal resto della lettera e per questo ancor più sospetta.
Scontata la pena per lo sbarco del 2014, Abo Robeih Tarif stava per essere scarcerato. «Al Cie sarebbe rimasto fra i 20 e i 25 secondi, poi sarebbe scomparso per sempre», ha detto il procuratore Gratteri giustificando l’esigenza del fermo.