Sono passati ormai sei mesi dal giorno della sua scomparsa, ma sulla tragica vicenda di Maria Chindamo sembra davvero calato il silenzio. La Procura di Vibo Valentia, nel rispetto del segreto istruttorio, continua a mantenere il più assoluto riserbo. Tutto rientra nella normalità, ma il dolore di chi l’ha voluta bene è vivo, inconsolabile.
Figli, familiari, parenti, amici non cullano più illusioni, ma neppure si rassegnano all’idea che tutto possa scivolare nel nulla. Non chiedono solo giustizia, ma s’aspettano risposte a dubbi, tormenti, sospetti; al perché di tanta violenza. Vogliono la verità. Vogliono, a costo d’annegare tra le lacrime, una tomba su cui poggiare un fiore. Tra coloro che, comunque, non accettano una giustizia tartaruga e continuano a cercare l’anello debole della perversa strategia che l’“architetto” del progetto mirato ad eliminare Maria ha posto in essere con lucida ferocia, c’è di sicuro Vincenzo Chindamo, giovane fratello della sfortunata imprenditrice. Molte le cose che non lo convincono. Lo lasciano perplesso soprattutto il convincimento della Procura che la ’ndrangheta non abbia avuto un ruolo nella scomparsa della sorella; il fatto che i titolari delle indagini non lo abbiano mai convocato, ma sia stato ascoltato solo dai carabinieri; il constatare che all’iniziale pressione sul territorio con sequestri di veicoli, scavi nei terreni di un’azienda alla periferia di Laureana, intervento del Ris e impiego dei cani molecolari, sia subentrata una fase delle indagini più pensata che appariscente. Tutto sommato è consapevole del fatto che il percorso degli inquirenti non può essere diverso, ma lo spaventa l’idea che tutto possa cadere nel dimenticatoio. Per lui lo scorrere del tempo non smorza la sofferenza, non spegne la speranza che qualcosa o qualcuno possa improvvisamente aiutare a svelare il mistero.
Vincenzo, a sei mesi dalla scomparsa di Maria forse bisogna cominciare a rassegnarsi all’idea di rinunciare alla ricerca della verità?
«No, questo non avverrà mai perchè non basterebbe la vita per dimenticare. Un fatto del genere non si accetta, non lo accetta il territorio, non lo accetta la gente che ogni giorno mi avvicina, mi chiede sottovoce, vuole risposte. Non l’hanno dimenticato i media nazionali e locali, la Chiesa, le associazioni che per il prossimo 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, mi hanno chiamato a portare la mia testimonianza. C’è un interesse costante perchè s’è visto che s’è scavalcato un muro. In genere s’ammazzavano tra di loro, adesso hanno colpito pezzi della società civile, un pezzo trainante sul territorio soppresso assieme alle iniziative delle donne che vorrebbero socialmente emergere. Ora hanno paura anche i genitori».
Ma lei cosa pensa sia successo a sua sorella?
«Ci vorrebbe la sfera di cristallo. Penso che sia una tragedia, un segno di regressione sociale profondo. Penso che c’è qualcuno che ha desiderio di limitare la libertà delle persone. Un gesto di questo tipo nasce solo da odio profondo ed io non conosco le colpe che Maria avrebbe potuto avere agli occhi di questa gente malvagia. C’è di fatto la dimostrazione che esiste un “tribunale clandestino” che lavora e decide. Un mese fa è sparito anche un vecchietto con la stessa metodologia usata per Maria».
Per arrivare alla verità, a suo avviso, c’è da scavare di più nelle attività lavorative di Maria o nella sua vita privata?
«Nel suo lavoro non ha mai avuto problemi, mai subite intimidazioni».
Come sono i suoi rapporti con la famiglia del suocero di Maria?
«Con queste persone ho trascorso feste, ci ho mangiato assieme. Col suocero c’era un rapporto di grande fiducia. Ora c’è una situazione imbarazzante. Non lo vorrei. Dopo la morte di mio cognato non l’ho più visto. Vincenzino ogni tanto va a trovarlo, è libero di farlo».
Che beni gestiva Maria?
«Complessivamente una decina di ettari coltivati ad agrumi e kiwi. Circa 5 ettari le erano stati intestati dal suocero. Per gli stessi abbiamo nominato un amministratore perchè ci sono dei minori. Maria è scomparsa, ma burocraticamente è viva. Potrebbe gestirli Vincenzino, ma è impegnato negli studi universitari».
Porterà avanti il suo impegno nella ricerca della verità?
«Seguirò la vicenda perché la rabbia, l'indignazione, il dolore non passeranno col tempo. Sono certo che neanche i miei nipoti accetteranno mai d'aver perso la mamma per un motivo ignoto».
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