Gli inquirenti non hanno dubbi. Giuseppe Damiano Cricrì, 48 anni, di Melicuccà di Dinami – centro agricolo delle Serre vibonesi – e candidato a sindaco alle ultime elezioni comunali del suo paese, la sera del 21 ottobre 2013 è stato ucciso e poi bruciato per motivi passionali. Le indagini hanno portato la Procura di Vibo Valentia a muovere pesanti indizi di colpevolezza nei confronti di Liberata Gallace, 51 anni, di Piani di Acquaro. Insieme a lei indagati pure il figlio Alfonsino Ciancio di 28 anni e Fiore D’Elia, 63 anni (amante della Gallace) di Gerocarne.
Nei loro confronti il gip del Tribunale di Vibo Valentia ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita dai carabinieri alle prime luci dell’alba di ieri, con l’accusa di omicidio a carico della donna e di soppressione o sottrazione di cadavere nei confronti del figlio e dell’amante della Gallace. Una vicenda piuttosto intricata di fronte alla quale i militari della Compagnia di Serra San Bruno, sotto le direttive del capitano Mattia Ivano Losciale, ed i colleghi del Nucleo operativo e radimobile guidato dal maresciallo Massimiliano Staglianò, con il quale ha collaborato il sottufficiale Tommaso Casella, per fare luce sull’accaduto hanno battuto il territorio palmo a palmo, scontrandosi spesso con un muro invalicabile di omertà “abbattuto” grazie ad una complessa attività di intercettazioni telefoniche che ha permesso agli investigatori di intraprendere la pista giusta fino ad arrivare a stringere il cerchio attorno ai presunti responsabili.
Alla base dell’omicidio un movente passionale. Giuseppe Damiano Cricrì, dopo la separazione dalla moglie aveva stretto una relazione sentimentale con Liberata Gallace, a sua volta separata in casa dal marito. Un’attrazione piuttosto morbosa per la donna venutasi a manifestare proprio nel momento in cui Cricrì aveva deciso di dare un taglio netto a quella storia. Pur di non perderlo, la Gallace lo tallonava, lo cercava ovunque; entrava in maniera quasi asfissiante nella vita privata dell’uomo; gli aveva addirittura fatto credere di essere rimasta incinta pur di convincerlo a cambiare idea ma ormai non c’era più nulla da fare. Cricrì aveva deciso di chiudere ad ogni costo quel rapporto che andava avanti da circa otto mesi.
E quando la donna si è resa conto che tutto era finito avrebbe fatto scattare il suo “piano diabolico” dando appuntamento al “suo” uomo in quel luogo appartato, dove probabilmente in precedenza si sarebbero incontrati più volte, conosciuto come il “Boschetto”, alla periferia di Limpidi di Acquaro. Forse doveva essere un momento chiarificatore prima di interrompere definitivamente la loro relazione. Invece, per motivi ancora non del tutto chiari, quella sera, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri e dai magistrati Michele Sirgiovanni (attualmente procuratore facente funzioni) e Barbara Buonanno, Cricrì è stato colpito con un oggetto contundente alla testa, alla faccia e in diverse parti del corpo; prima di morire l’uomo sarebbe stato letteralmente massacrato di botte. Sulla base di quanto emerso pure nel corso dell’autopsia, la vittima avrebbe riportato gravissime lesioni interne tali da cagionarne il decesso. Il corpo dell’ex candidato a sindaco di Dinami, sarebbe stato quindi caricato con l’aiuto di Alfosino Ciancio e l’amante della donna, Fiore D’Elia, sul sedile posteriore della sua stessa auto e trasportato in località Putrignano di Acquaro, un zona ancora più isolata, dove con il fuoco hanno cercato di cancellare ogni traccia e provando a far passare quell’orrendo delitto per un suicidio. Una versione che comunque che non ha mai pienamente convinto gli inquirenti.
Secondo quanto emerso nel corso della conferenza stampa, tenutasi ieri mattina negli uffici della Procura della Repubblica di Vibo Valentia, sul luogo dell’appuntamento erano presenti fin dal primo momento pure il figlio di Liberata Gallace ed il suo amante anche se non è ancora chiaro il loro apporto nell’orrendo delitto.