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'Ndrangheta e turismo, la Cassazione rigetta 16 ricorsi

'Ndrangheta e turismo, la Cassazione rigetta 16 ricorsi

Quattordici ricorsi dichiarati inammissibili, per altri due decretato il «rigetto totale», mentre è stato rinviato l’esame di altri sei ricorsi. Il pronunciamento della Cassazione comincia a mettere paletti alla vicenda giudiziaria inerente la posizione di sedici dei ventidue indagati raggiunti da misura cautelare in carcere e ai domiciliari nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Costa pulita”. Nei loro confronti, infatti, si era già espresso il Tribunale del Riesame che aveva confermato le ordinanze di custodia cautelare emesse lo scorso maggio dal gip distrettuale Pietro Scuteri. Provvedimento avverso cui le difese degli indagati hanno proposto ricorso in Cassazione.

Regge dunque anche davanti alla Suprema Corte l’impalcatura accusatoria alla base dell’operazione “Costa pulita”. Attività che – coordinata dai sostituti procuratori distrettuali Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni – aveva consentito agli inquirenti di sferrare un ulteriore colpo agli interessi delle cosche nel settore turistico lungo il litorale vibonese. Un settore che sarebbe stato la gallina dalle uova d’oro per la ‘ndrangheta e che avrebbe alimentato il business gestito dai Mancuso di Limbadi con l’aiuto delle ‘ndrine satelliti della loro orbita, ovvero gli Accorinti di Briatico, la famiglia Il Grande di Parghelia e i La Rosa di Tropea.

In virtù di quanto stabilito dalla Cassazione restano, dunque, in carcere: Cosmo Mancuso, 67 anni di Limbadi, già condannato nel processo Dinasty quale boss dell’omonimo clan; Davide Surace, 31 e Federico Surace, 25, fratelli entrambi di Spilinga; Leonardo Francesco Melluso, 51 e il figlio Simone di 31 anni entrambi di Briatico; Nazzareno Colace, 52 di Portosalvo; Giuseppe Evalto, 53 di Pizzo; Giuseppe Granato, 51 di Briatico; Gerardo La Rosa, 42 di Tropea; Giancarlo Lo Iacono, 43 di Zambrone; Francesco Marchese, 30 di Briatico; Salvatore Prostamo, 40 di Briatico; Carlo Russo, 30 di Zambrone e Pasquale Quaranta, 51 anni di Santa Domenica di Ricadi. Quest’ultimo all’epoca dei provvedimenti si trovava già detenuto per altra causa.

Ai domiciliari rimane invece Salvatore Muzzupappa, di 45 anni di Nicotera, cognato del boss Pantaleone Mancuso (alias Scarpuni) anch’egli coinvolto nell’operazione, mentre nei confronti di Adriano Greco, 34 anni di Briatico è stato dichiarato inammissibile il ricorso del pm che aveva chiesto la sostituzione della misura dei domiciliari con il carcere. Lo scorso giugno, infatti, il Tribunale del Riesame aveva escluso la sussistenza di gravità indiziaria a carico di Greco relativamente alla partecipazione all’associazione mafiosa, mantenendo però la misura cautelare in carcere per i reati – aggravati dalle finalità mafiose – legati alle armi. A distanza di due mesi era stato il gip distrettuale a disporre i “domiciliari” per l’indagato in accoglimento di un’istanza proposta dall’avvocato Giovanni Vecchio.

Al contempo la Cassazione ha rinviato l’esame dei ricorsi di Antonino (Nino) Accorinti, 60 anni, presunto boss dell’omonimo clan di Briatico; del figlio Antonio di 36 anni; di Ferdinando Il Grande, 34 e di Carmine Il Grande, 57 anni entrambi di Parghelia; Emanuele Melluso, di 31 figlio di Francesco Leonardo e gemello di Simone e di Pasquale Prossomariti, 31 anni di Santa Domenica di Ricadi.

Nell’inchiesta sono rimasti coinvolti anche Francesco Giuseppe Bonavita, 70 anni di Briatico – indicato come co-reggente con Accorinti dell’omonimo gruppo – scarcerato dal gip di Alessandria dopo il fermo e in seguito catturato a Praga in esecuzione dell’ordinanza cauitelare del gip distrettuale di Catanzaro e Francesco Piccolo, 46 anni residente a Magenta per il quale erano stati disposti subito i domiciliari.

Associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e sostanze esplodenti, i reati a vario titolo contestati agli indagati.

Risale allo scorso 20 aprile l’operazione interforze denominata “Costa pulita” sferrata – con il coordinamento della Dda – da carabinieri, polizia e guardia di finanza. Un vero e proprio tsunami che ha travolto anche il mondo politico-amministrativo locale, soprattutto di Briatico dove indagati sono ex amministratori e l’attuale sindaco, nonché presidente della Provincia di Vibo Valentia. Complessivamente nell’ambito dell’inchiesta ben 67 persone risultano indagate a piede libero.

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