Quattro su cinque indagati restano in carcere. Il gip del Tribunale di Vibo, Gabriella Lupoli, ha infatti convalidato tre fermi su quattro, disponendo però per tutti gli indagati – coinvolti nell’operazione “Conquista” sferrata da Dd e carabinieri contro i Bonavota – la misura cautelare in carcere e la trasmissione degli atti alla Procura distrettuale di Catanzaro competente per territorio.
Non è stato invece convalidato, dal gip di Roma, Giovanni Giorgianni, il fermo di Pasquale Bonavota, 42 anni edi Sant’Onofrio ma residente nella Capitale (difeso dall’avv. Francesco Muzzopappa e dall’avv. Tiziana Barillaro) nei cui confronti è stata ordinata l’immediata scarcerazione. Al contempo il gip ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura distrettuale.
Omicidio (quello di Raffaele Cracolici, ucciso il 4 marzo del 2004 e quello di Domenico Di Leo, assassinato il 12 luglio del 2004), detenzione e porto di armi comuni e da guerra, danneggiamento, estorsione continuata e aggravata dal metodo mafioso, i reati che a vario tritolo vengono contestati agli indagati.
In particolare la misura cautelare in carcere è stata ordinata dal gip di Vibo nei confronti di Domenico Bonavota, 37 anni di Sant’Onofrio, fratello di Pasquale (difeso dall’avv. Vincenzo Gennaro e dall’avv. Nicola Cantafora); Onofrio Barbieri, 36 anni di vibo (avv. Salvatore Staiano e avv. Sergio Rotundo); Giuseppe Lopreiato, 22 anni di Sant’Onofrio (avv. Rotundo) e di Domenico Febbraro, 23 anni di Sant’Onofrio (avv. Muzzopappa) nei confronti del quale il gip non ha, comunque, convalidato il fermo.
Contrariamente a quanto valutato dal gip di Roma, per il giudice per le indagini preliminari di Vibo il pericolo di fuga degli indagati è concreto. Soprattutto di Domenico Bonavota (ritenuto a capo dell’ala militare del clan) e per Onofrio Barbieri i quali – a seguito della decisione di Andrea Mantella di collaborare con la Dda – si erano dati a una sorta di “latitanza volontaria” rendendosi di fatto irreperibili e comunicando fra loro attraverso telefonate e sms dal contenuto definito «criptico».
A Domenico Bonavota (già giudicato e assolto per l’omicidio Cracolici) che viene indicato dal pentito come mandante anche dell’agguato a Domenico Di Leo, vengono contestati reati in materia di armi, ricettazione, estorsione e danneggiamenti ai danni di Pippo Callipo.
Quale partecipe all’omicidio Di Leo viene indicato Barbieri al quale vengono pure contestati reati inerenti armi e ricettazione, mentre per i due attentati a scopo di estorsione ad aziende dell’imprenditore Callipo vengono tirati in ballo Lopreiato e Febbraro.
Valutazione diversa nei confronti di Pasquale Banovota – anch’egli come il fratello ritenuto presunto mandante dei delitti Cracolici e Di Leo – che gli inquirenti piuazzano al vertice del clan di Sant’Onofrio (capo società). Relativamente ai due fatti di sangue, secondo il gip di Roma, la «chiamata in correità» del collaboratore di giustizia Andrea Mantella «con riferimento alla posizione di Pasquale Bonavota, non sembra provvista degli adeguati riscontri individualizzanti nei termini che la giurisprudenza richiede ai fini dell’emissione di un provvedimento cautelare custodiale».
Inoltre in merito al ruolo di leader dell’organizzazione per il gip, che non ravvisa il pericolo di fuga, «l’affermazione non pare dotata di adeguata forza persuasiva».
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