Altri due ergastoli ed un'altra condanna a 28 anni di carcere. Ancora una sentenza che inchioda tre esponenti del clan Giampà ormai praticamente dissolto tra condanne e pentimenti. Ieri la pronuncia è arrivata dalla Corte d'assise di Catanzaro presieduta da Alessandro Bravin che ha dato a tutti la possibilità di accusare ma anche di difendere.
Il carcere a vita, secondo i giudici di primi grado, tocca al boss della Montagna Vincenzo Arcieri ed a Franco Trovato autocarrozziere della cosca Giampà. Per Antonio Voci 28 anni. I tre devono scontare anche altre condanne, la più importante è quella per essere affiliati al clan lametino di Via del Progresso. Assolto invece il quarto imputato, il giovane Giancarlo Chirumbolo, a cui Giampà uccise il fratello. Il risarcimento per lui, secondo la Corte, è di 150mila euro, più 210 mila per il padre Antonio.
Ma in questo processo non c'era solo l'omicidio di Giuseppe Chirumbolo. Erano stati riuniti anche le esecuzioni mafiose di Pietro Pulice. Bruno Cittadino e Nicola Gualtieri, avvenute tra il 2005 ed il 2010, cinque anni in cui il sangue ha percorso le strade di Lamezia Terme con una guerra di 'ndrangheta che sembrava non avesse fine.
«C’è un filo rosso che unisce gli omicidi di Pulice, Cittadino, Gualtieri e Chirumbolo», aveva sostenuto il pubblico ministero Elio Romano nella sua requisitoria. Che aveva chiesto gli ergastoli per tutti, ma per Chirumbolo l'assoluzione non considerando sufficienti le sole rivelazioni del boss Giuseppe Giampà.
Al pubblico ministero erano bastati 50 minuti per descrivere il contesto in cui sono maturati i quattro omicidi. Romano, sostituto procuratore antimafia: «Negli ultimi quattro anni si è disvelata tutta la situazione della criminalità lametina dal 2000 al 2011»- L’accusa spiega che tutto è partito dall’arresto del boss Giuseppe Giampà per l’estorsione all’imprenditore Giuliano Caruso. Poi la pioggia di pentiti, da Angelo Torcasio collettore delle estorsioni, allo stesso giovane boss, figlio del capo storico della cosca, Francesco “il Professore”.
I quattro omicidi di questo processo sono tutti di mafia. Mandanti ed esecutori erano stati condannati in appello. Alcuni si sono pentiti e in regime di protezione hanno confessato tutto.
Adesso sono imputati i tre che hanno avuto un ruolo secondario nelle esecuzioni delle sentenze emesse da Giampà.
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