Sei ore di camera di consiglio per certificare l’esistenza dell’associazione mafiosa: quella dei Patania di Stefanaconi. Una cosca collegata ai potenti della ’ndrangheta, ovvero ai Mancuso di Limbadi, «in grado di sostenere una vera e propria guerra di mafia contro il gruppo dei Piscopisani», per come spiegato a lungo durante la sua requisitoria dal pm Andrea Mancuso. Il Tribunale (presidente Lucia Monaco, a latere Giovanna Taricco e Pia Sordetti) ha emesso il suo verdetto ieri sera poco dopo le 19 all’interno di un’aula bunker stracolma di parenti ed amici degli imputati alcuni dei quali scoppiati in lacrime di fronte al pesante dispositivo del Tribunale. Reazioni pure dalla gabbia: Nazzareno Patania ha gridato all’indirizzo del Tribunale: «Avete condannato degli innocenti».
Nello specifico il Tribunale ha condannato Giuseppina Iacopetta (moglie del boss Fortunato Patania assassinato il 16 settembre 2011) a 14 anni di reclusione. La donna – che sedeva dietro le sbarre accanto alla nuora Caterina Caglioti – è ritenuta dagli inquirenti una delle figure apicali della cosca Patania. Insieme a lei sono stati condannati pure quattro dei suoi cinque figli: Salvatore e Saverio Patania, a 15 anni di carcere ciascuno; Giuseppe Patania a 16 anni; mentre 12 anni sono stati comminati a Nazzareno Patania. Assolto, invece, Bruno Patania (per lui il pm Andrea Mancuso aveva chiesto 15 anni di carcere).
Condannati pure Andrea Nicola Patania (cugino dei fratelli Patania) a 9 anni di carcere; Cosimo Caglioti, a 13 anni e la sorella Caterina Caglioti, a 12 anni (moglie di Nazzareno Patania) entrambi di Sant’Angelo di Gerocarne. Insieme a loro condannato a 10 anni pure Alessandro Bartalotta di Stefanaconi. Sono stati, invece, assolti oltre a Bruno Patania, Francesco Lopreiato (entrambi erano difesi dall’avvocato Costantino Casuscelli); Nicola Figliuzzi, di Sant’Angelo di Gerocarne (difeso dall’avvocato Antonio Barilaro); Cristian Loielo di Gerocarne (difeso dall’avvocato Francesco Capria) e Ilya Krastev (difeso dall’avvocato Pasqualino Patanè).
Gli imputati a vario titolo erano accusati di associazione mafiosa, nonché di usura, estorsioni e detenzione illegale di armi. Un procedimento quello a carico dei Patania e dei loro affiliati nato dall’operazione denominata “Romanzo Criminale” che ha visto pure il coinvolgimento dell’ex maresciallo dei carabinieri di Sant’Onofrio Sebastiano Cannizzaro e dell’ex parroco di Stefanaconi, don Salvatore Santaguida, le cui posizioni sono state stralciate per consentire maggiori approfondimenti da parte del Tribunale sulla scorta delle attività integrative di indagine prodotte dalla pm e dalle difese.