L’Affruntata di Sant’Onofrio e non solo, una tappa fondamentale per l’iniziazione e per fare, quindi, carriera nella ‘ndrangheta, portando la statua di san Giovanni, il più giovane degli apostoli. Non una diceria ma la cruda e drammatica realtà. In carcere proprio in quei giorni qualcuno aveva parlato svelando l’ arcano in tutta la sua drammaticità: «I santi e le manifestazioni religiose facevano da filtro per passare il varco». Un rituale criminale che non ha nulla da spartire con la chiesa e con i santi, raccontato a distanza di alcuni anni, con lo stile del cronista, dal vescovo Luigi Renzo, nel volume “Piccole storie di periferia”, edito da Rubbettino.
«Non mi aveva convinto – esordisce nel suo racconto il presule – la processione dell’Affruntata di Sant’Onofrio. Quello che si diceva in giro dei giovani portatori si era rivelato purtroppo veritiero e questo mi aveva lasciato turbato e in qualche modo anche irritato. Malgrado l’attenzione e la cura messa, quei ragazzi l’avevano fatta in barba a tutti anche al parroco che quella mattina di Pasqua si era visto arrivare in sagrestia i quattro portatori di san Giovanni diversi da quelli segnati. Questi, si disse da qualcuno, erano stati costretti – prosegue il vescovo – a mettersi da parte per far posto ai nuovi. Tutte le precauzioni erano saltate». Le nuove leve della malavita ancora una volta erano riuscite a spuntarla e a fare poi la loro comparsata.
Per quell’anno (2009) le cose andarono così, ma a quell’ andazzo bisognava mettere un freno e impedire che «la cosa si ripetesse per il futuro». L’anno successivo il presule d’accordo con il parroco decise, quindi, di mantenere segreto il criterio di scelta dei portatori. Nell’imminenza della Pasqua «venne, quindi dato l’avviso in chiesa che tutte le statue sarebbero state portate dalla confraternita del Rosario e senza altre presenze esterne: la cosa sembrò passare pacificamene. Ma avevamo fatto – ricorda oggi il vescovo – i conti senza l’oste perché la mattina di Pasqua qualcuno, con grave gesto intimidatorio, andò a sparare dei colpi di fucile all’ingresso della casa del priore. L’intero paese né restò elettrizzato. Non si pensava si potesse arrivare a tanto». Fatto sta che quel giorno l’Affruntata non si fece. Monsignor Renzo informato in serata dell’annullamento del sacro rito pensò che il parroco avesse concordato tale tipo di scelta con le forze dell’ordine, mai poi apprese che era stato lo stesso sacerdote vista la tensione a rinunciare alla processione. «Per quanto fosse abbastanza grave – prosegue il suo racconto il vescovo – non diedi molto peso al provvedimento, per cui, come avevo programmato il giorno dopo partii». Nelle ore successive, il presule, dopo essere stato intervistato dai Tg, decise che occorreva tranquillizzare la gente. Da qui l’annuncio che l’Affruntata si sarebbe tenuta la domenica seguente e che a presiederla sarebbe stato lo stesso vescovo: «Mi sembrò la decisione più giusta per esprimere vicinanza al priore a alla comunità di Sant’Onofrio, ferita e offesa in modo indegno e plateale dal quel gesto di chiara matrice mafiosa». L’ Affruntata quindi si svolse alla presenza delle istituzioni e di un imponente servizio d’ordine . E quando «il mantello nero della Madonna cadde a terra per mostrare l’abito luminoso della festa, la libera esplosione di gioia» dopo giorni «di ansia e di attesa, vissuti nel disagio generale. Il paese era ritornato a vivere».
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