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Un insospettabile nelle mani dei Mancuso

Un insospettabile nelle mani dei Mancuso

«Un soggetto funzionale agli obiettivi della ’ndrangheta». I magistrati della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria sulla base di una complessa attività investigativa non hanno avuto alcun dubbio ad inserire a pieno titolo l’imprenditore Angelo Restuccia, 80 anni, residente a Mesiano di Filandari, nell’elenco degli elementi contigui alle cosche della ’ndrangheta: i Mancuso di Limbadi ed i Piromalli-Molè di Gioia Tauro. Il suo patrimonio è finito sotto chiave ad opera delle Fiamme Gialle.

Operante nel settore delle costruzioni di prefabbricati in cemento armato per la realizzazione di capannoni industriali e commerciali, Restuccia era ritenuto dai più un «insospettabile», ovvero un imprenditore fuori da logiche riconducibili e funzionali alla criminalità organizzata.

Eppure nella richiesta di sequestro e contestuale confisca del suo patrimonio, il cui importa viene stimato intorno ai 28 milioni di euro, gli inquirenti tratteggiano il profilo di un personaggio consegnato in tutto e per tutto alle potenti famiglie della ’ndrangheta. A tal proposito i magistrati tirano fuori alcune intercettazioni finite negli atti di quella che in codice è stata denominata operazione “Bucefalo”, condotta qualche anno fa dalla Guardia di Finanza e che ha sancito gli stretti legami tra il noto imprenditore Alfonso Annunziata e la grande famiglia dei Piromalli. È lo stesso Angelo Restuccia a confessare a tale Valentino Vardè in un colloquio intercettato il 23 ottobre 2013 di avere ottimi rapporti con i Mancuso e, in particolare, di conoscere «Luigi Mancuso fin da quando era un ragazzo. ... “Figurati che con la suocera eravamo compagni di scuola...”».

E sempre a proposito di Luigi Mancuso il boss aveva confessato allo stesso Restuccia (in un incontro avvenuto a Caroni) che la cosca puntava a mettere le mani sulla costruzione del nuovo ospedale di Vibo. Tale conversazione era avvenuta a distanza di poco tempo dell’aggiudicazione dell’appalto.

Dagli atti emerge pure che il noto imprenditore vibonese si rivolgeva ai boss di Limbadi ogni qualvolta doveva prendere un lavoro e nello stesso tempo quando subiva qualche torto. «Mi ricordo – ammetteva Restuccia in una intercettazione – che una volta mi hanno rubato una pala meccanica e un camion... del valore di 350mila euro...». Per quella vicenda l’imprenditore s’è recato a Limbadi a trovare Diego Mancuso e Francesco Mancuso (detto Tabacco) a loro lo stesso avrebbe chiesto: «Cosa devo fare? No...no...no... fate come avete sempre fatto e basta...». Effettivamente a distanza di pochi giorni Restuccia si è recato alle forze di polizia per presentare apposita denuncia. A distanza di pochi giorni, stranamente, qui mezzi sono rientrati nei cantieri dell’imprenditore.

Sempre nella stessa conversazione con Valentino Vardè, Restuccia raccontava altri particolari riguardo a lavori effettuati a Sant’Eufemia d’Aspromonte. Ricordando che in quell’occasione si erano presentati alcuni soggetti della zona chiedendo a quanto ammontava l’importo dell’opera... A quelle persone Restuccia avrebbe risposto con la massima tranquillità: «Per i soldi non devi parlare con me! Devi andare a tale punto, a tale punto...». Gli tessi, sulla base di quanto emerge dagli atti, sarebbero andati via mostrando riverenza e rispetto, e facendo intendere che bastava solo nominarli i Mancuso: «Scusate signor Restuccia!!! Arrivederci, arrivederci, arrivederci!!! ... Appena sentivano il loro profumo scattavano le persone!».

In un’altra occasione, invece, l’imprenditore vibonese prima di recarsi a Crotone per effettuare alcuni lavori che risalivano a molti anni prima, aveva contattato Pantaleone Mancuso (Vetrinetta) deceduto da pochi anni. «A lui gli ho detto così e così.. e lui mi rispose: sapete che fate? Ritardate un quattro, cinque giorni; vi dico io quando dovete andare! Poi mi disse: andate! Sono andato, ho iniziato questo lavoro... arriva uno del... e mi dice: benvenuto tra di noi, sig. Restuccia!! Alla faccia del c... tra di noi!»

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