«Abbiamo fatto tutto alla luce del sole, tutto tracciato e ricostruibile. Non ci sono state appropriazioni di fondi da parte di alcuno». Si è difeso ieri mattina l’ormai ex governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto (la Fraternità è stata commissariata), Leonardo Sacco, davanti al giudice Abigail Mellace che in veste di gip lo ha interrogato nel corso dell’udienza di convalida dei fermi, eseguiti lunedì da carabinieri, poliziotti e finanzieri, nell'ambito dell’operazione “Jonny” contro la cosca Arena.
Il principale filone della monumentale inchiesta della Dda di Catanzaro riguarda le presunte infiltrazioni della potente cosca di ’ndrangheta isoletana nella gestione del Centro di accoglienza per migranti di località Sant’Anna. Sacco e don Edoardo Scordio, parroco (fino a lunedì scorso) di Isola e correttore spirituale della Misericordia, avrebbero in concorso con altri indagati non solo lucrato sui fondi destinati alla gestione del Cda/Cara (avrebbero malversato 36 milioni di euro sui 103 ricevuti dal Ministero dal 2006 al 2015), ma avrebbero anche “foraggiato” imprese in odore di mafia costituite appositamente per gestire il servizio catering e altre attività nel Centro di accoglienza. Accuse respinte ieri mattina anche dal sacerdote che, interrogato anch’egli dalla dottoressa Mellace, ha risposto e ha rivendicato la sua attività spirituale e materiale, a favore della comunità che ha guidato come parroco: «Ho sempre fatto del bene ad Isola». A proposito dei 132mila euro ricevuti nel 2007, per svolgere “assistenza spirituale agli immigrati” per conto della Misericordia, il religioso ha spiegato che quei soldi sono serviti per effettuare decine di lavori nella parrocchia, tra cui anche la sistemazione di otto chiese. Don Edoardo ha sostenuto che quei soldi erano previsti da una convenzione tra due enti privati, la Misericordia e la parrocchia.
Il religioso è difeso dagli avv. Francesco Verri e Giancarlo Pittelli, che al termine dell’interrogatorio hanno chiesto che non venga disposta la misura cautelare in carcere e in subordine che vengano disposti i domiciliari. I due penalisti assistono anche il 38enne Leonardo Sacco, arrivato in Tribunale in tarda mattinata, entrato in aula prima del parroco ed apparso molto provato dal carcere (è detenuto a Vibo). Gli avv. Pitelli e Verri, all’uscita dal lungo interrogatorio, hanno ribadito che il loro assistito «ha fornito la sua versione recisando di non essere riuscito a leggere tutto il provvedimento. Ha escluso qualunque ipotesi di appartenenza e complicità con la criminalità e ha chiarito di aver intrattenuto rapporti leciti e autorizzati con tutti i fornitori».
Gli interrogatori di 46 dei 68 fermati che sono stati condotti da tre diversi giudici (con la dottoressa Mellace hanno sentito gli indagati anche i giudici Michele Ciociola e Francesca Familiari), sono andati avanti ininterrottamente fino al pomeriggio, in un Palazzo di giustizia blindato. La gran parte dei fermati si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Così ha fatto Paolo Lentini (53 anni difeso dall'avv. Luigi Villirilli), considerato il reggente della cosca che secondo la Dda sarebbe capeggiata da Pasquale Arena detto “Nasca” ; e così hanno fatto Rosario e Vincenzo Lentini, rispettivamente di 48 e 27 anni, difesi dagli avvocati Roberto Coscia e Saverio Loiero e dall'avv. Villirilli. Non hanno risposto al gip neanche Francesco Antonio Arena (classe 1980) e Giuseppe Arena (31 anni), figli del presunto capoclan. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, inoltre, altri tre principali indagati per la vicenda relativa al servizio catering al Cda/Cara: i fratelli Domenico e Antonio Poerio, di 43 e 46 anni (avvocati Pasquale Lepera e Pino Napoli per il solo Antonio) e il consigliere comunale di Isola Capo Rizzuto Pasquale Poerio (43 anni, avv. Villirilli). Neanche Maurizio Greco (37 anni, avv. Gianni Russano) accusato di associazione mafiosa, estorsione ed armi, ha risposto alle domande.
Hanno invece scelto di rispondere ai gip, ed hanno negato ogni addebito, il 45enne Ercolino Raso (avvocato Girasole), accusato di associazione mafiosa e false fatturazioni; Pasquale Morelli (47 anni), che deve rispondere del reato previsto dall’articolo 416 bis del Codice penale; Stefania Muraca (38 anni, avvocato. Lepera), indagata per associazione mafiosa e riciclaggio, e Beniamino Muto (45 anni, avvocato Aldo Truncè), accusato di associazione mafiosa e false fatturazioni.