Indagini complesse, in alcune fasi portate avanti senza riuscire a scoprire i dettagli dei quantitativi di droga in viaggio tra la Calabria e la Lombardia, ma, alla fine, capaci comunque di delineare un quadro generale tale da interrompere l’attività di quella che è stata indicata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano come un’associazione a delinquere dedita al narcotraffico, collegata alla cosca Gallace di Guardavalle. È lo stesso giudice per le indagini preliminari del capoluogo lombardo, Maria Cristina Mannocci, - che ha vergato le ventuno ordinanze di custodia cautelare in carcere per i presunti componenti dell’associazione - a sottolineare la complessità delle investigazioni portate avanti dai carabinieri del Ros, alle prese con un’organizzazione capace di blindare le proprie conversazioni più sensibili.
Alcune difficoltà sono state riscontrate in occasione di alcuni viaggi sul tragitto Arluno-Guardavalle, quando attraverso intercettazioni ambientali e riscontri stradali (caselli e sistemi di rilevazione delle targhe) sono stati ricostruiti presunti trasporti di droga in Lombardia. «Le particolari difficoltà riscontrate, anche in ragione dell’impossibilità di intercettazione dei Blackberry e dell’accortezza degli indagati, – scrive il gip – non hanno permesso di ricostruire i dettagli dell’intera operazione e di acquisire maggiori informazioni su quantità e qualità della sostanza ma è di tutta evidenza che gli elementi acquisiti sono di fondamentale importanza ai fini della dimostrazione dell’esistenza di un’associazione per delinquere dedita al narcotraffico». Con gli sviluppi delle investigazioni, sono proprio alcune intercettazioni ambientali a far capire il livello di sofisticazione che l’associazione, il cui capo sarebbe stato l’ancora irreperibile Francesco Riitano, aveva raggiunto: a parlare è uno dei presunti collaboratori di Riitano, Alfio Di Mare, che a un interlocutore spiega che il Blackberry in suo possesso «non funziona da telefono … questo è un telefono che costa 3.000 euro, 3.500 euro perché è criptato … Se io perché ci scriviamo io e te con questo telefono … la mia e-mail parte e va in un server che è situato a Cuba per dire, lo trasmette e lo manda criptato al tuo, il tuo lo apre e lo legge, anche se sono attaccati, hai capito. Questi non hanno telefono, fotocamera, non hanno niente, non c’è un microfono. Sono già preparati per questo, mandano solo le e-mail e ogni sei mesi tu devi rinnovarlo e costano. Ma va, ma scherzi, arrivano dal Canada».
Sarebbero una ventina gli apparecchi criptati individuati nell’operazione che ha anche rivelato l’esistenza di autovetture modificate, con dei doppifondo metallici, per il trasporto sicuro della cocaina lungo la penisola. Secondo gli inquirenti l’associazione avrebbe potuto contare su un «supporto logistico sul territorio nazionale», in particolare «la “Nuova carrozzeria Serena di Andreacchio Marcello”, utilizzata per le modifiche strutturali, ad Anzio, e la “Autofficina 2000 di Antonio Perri”, a Sedriano, ove venivano effettuate bonifiche da microspie».
In carcere
Marcello Andreacchio, 38 anni; Nicandro Augello, 55; Antonio Berardi, 53; Alfio Di Mare, 67; Damiano Emanuele, 40; Antonio Ferrandu, 44; Francesco e Saverio Gualtieri, 32 e 52; Nicola Guido, 31; Juan Carlos Hohmann, 53; Francesco Maiuolo, 50; Davide Mazzerbo, 47; Claudio Muccari, 44; Bruno e Giuseppe Palamara, 25 e 58; Raffaele Procopio, 45; Francesco Riitano, 37; Agazio e Nicola Samà, 43 e 45; Antonio Traettino, 38; Agazio Vetrano, 38.