Il dolore per la barbara uccisione del quindicenne Francesco Lamberto Prestia continua a essere presente in ogni angolo della cittadina. Ovunque si avverte la sua presenza. Ovunque si parla di lui, della sua vita spezzata nell’età della serenità, dei sogni e dei grandi sapori. Inoltre, le foto del giovane studente, con la passione per il calcio, vittima innocente per mano di un suo coetaneo, sono presenti da giorni in diversi locali della città.
Il segno di una vicinanza totale e profonda al dolore della famiglia che la gente ha voluto manifestare compatta sia durante la fiaccolata di preghiera dell’altra sera con oltre cinquemila persone, alla presenza del vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo, sia durante i funerali che si sono celebrati nella basilica-cattedrale.
Un momento drammatico che la comunità, ancora sconvolta e incredula per quanto accaduto, sta cercando in qualche modo di superare. Non è facile. «Non riesco ancora a capacitarmi – afferma un commerciante – su quanto è accaduto. Io conoscevo bene Francesco. Era un ragazzo aperto, disponibile, sempre con il sorriso sulle labbra. E anche un bravo calciatore. La sua è stata una perdita immensa per tutta la comunità. Spero tanto che la famiglia riesca a riprendersi dallo strazio che sta vivendo per questa fine così tragica».
Ma Mileto in queste ultime ore è costretta a fare i conti anche con la piaga delle intimidazioni che ormai nel comprensorio sono all’ordine del giorno. Le ultime due a colpi d’arma da fuoco sono state consumate ai danni del parco archeologico, intitolato al vescovo Antonio Maria De Lorenzo, dato recentemente in gestione alle associazioni culturali “Mnemosyne” e “Medma”, e inaugurato proprio nei giorni scorsi in un clima di grande entusiasmo e l’altra al centro per accoglienza per baby emigranti gestito dalla cooperativa “Sud per l’Europa”. Quest’ultimo centro opera in città già da alcuni anni ed è sito lungo la strada provinciale che dal capoluogo porta alla frazione San Giovanni. Da quanto si è potuto apprendere contro un parete di uno dei balconi dello stabile che ospita la struttura sono stati esplosi due colpi di fucile. All’indirizzo, invece, del cancello d’ingresso del parco archeologico, che si trova poco distante sulla stessa strada provinciale, sono stati esplosi ben quindici colpi di pistola in rapida successione.
La scoperta di questa seconda intimidazione è stata fatta da alcuni volontari nel pomeriggio di venerdì al momento dell’apertura ai visitatori della struttura.
I Carabinieri, guidati dal maresciallo Alessandro Demuru, stanno adesso cercando di stabilire chi e perché ha commesso le due intimidazioni che apparentemente sembrerebbero non avere alcun collegamento tra loro.
Entrambi gli episodi hanno suscitato indignazione e preoccupazione in tutta la comunità miletese. La gente teme, infatti, il ripetersi di altri episodi di questo genere e sui social e nei luoghi di ritrovo non manca chi chiede a gran voce che non ci sia una sottovalutazione del grave fenomeno che ormai dura da tempo e che non si dia spazio, contemporaneamente, alla rassegnazione, in quanto si corre il rischio di favorire la zona grigia dell’indifferenza.
«Occorre inoltre – affermano in tanti – alzare la testa e dire basta a quanti vogliono imporre le loro regole sinistre con la violenza e la sopraffazione».
E l’appello si alza da una Mileto ferita. Di sicuro non sono mancati segnali, nel recente passato, che hanno fatto pensare alla disgregazione di una comunità un tempo unita da valori e radici comuni. Segnali che era facile cogliere ma che richiedono risposte complesse e non semplici da declinare. Di sicuro, quanto accaduto a Mileto in questa settimana è destinato a lasciare un segno. Mettersi alle spalle quanto accaduto senza una risposta energica da parte di tutti costituirebbe un punto di non ritorno.( V.V.)