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Irreperibile nella terra delle cosche

Irreperibile nella terra delle cosche

Ancora irreperibile. A sei giorni dal pronunciamento della Cassazione, che ha confermato la sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello ad aprile del 2016, a carico di Emilio Bartolotta il quale dovrà scontare 24 anni di carcere per l’omicidio di Michele Penna, sembrano essersi perse le tracce del 39enne di Stefanaconi che non sarebbe più stato visto in paese da giorni precedenti la sentenza definitiva.

Con il passare del tempo si rafforza l’ipotesi che Bartolotta – ritenuto vicino ai Bonavota di Sant’Onofrio – abbia volontariamente deciso di allontanarsi anche se, al momento, non si esclude ancora che possa averlo fatto solo temporaneamente. Fatto sta, comunque, che il 39enne viene attivamente ricercato dai carabinieri per la notifica del provvedimento i quali stanno cercando di fargli attorno terra bruciata per impedire che qualcuno possa favorire o in qualche modo agevolare il suo stato di irreperibilità.

Un fronte quest’ultimo disseminato di incognite nel senso che il 39enne – il quale per i giudici «ha concorso ad assumere la decisione di uccidere Michele Penna determinando e rafforzando il proposito criminoso degli esecutori da lui sollecitati all’esecuzione del delitto» – potrebbe godere dell’appoggio di persone ben diverse dai familiari o amici. Gli inquirenti, infatti, non escludono che in azione possa essersi messa la “catena di mutuo soccorso” della ’ndrangheta e che quindi Bartolotta possa godere dell’aiuto di qualche cosca del Vibonese. D’altro canto in più occasioni è stata dimostrata la capacità e l’efficacia della fitta rete di fiancheggiatori (talvolta insospettabili) di alcuni clan in particolare, tant’è che in passato alcuni esponenti di vertice sono riusciti a rimanere uccel di bosco per lunghi periodi.

Un meccanismo, quello del “mutuo soccorso” che se realmente messo in azione potrebbe aver già portato Bartolotta molto lontano. Al tempo stesso, però, e analogamente è stato più volte dimostrato, il 39enne – il quale non è stato ancora dichiarato latitante – potrebbe essere rimasto in zona o addirittura a Stefanaconi.

Insomma le ipotesi sono tante, così come numerosi sono gli interrogativi che attendono una risposta. Quel che è certo è che Emilio Bartolotta – che attendeva l’esito del suo secondo ricorso per Cassazione a piede libero – già qualche giorno prima del pronunciamento della Suprema Corte avrebbe violato l’obbligo di dimora cui era sottoposto. Da quel momento si è praticamente eclissato da Stefanaconi e fino a oggi le ricerche dei carabinieri non hanno dato alcun esito.

Risale al 19 ottobre del 2007 la scomparsa di Michele Penna. A distanza di 21 giorni in località Vajoti, zona a cavallo tra Sant’Onofrio e la Valle del Mesima, fu ritrovata carbonizzata la Fiat Uno di cui, nel pomeriggio del 19 ottobre 2007, il lavaggista Andrea Foti aveva denunciato il furto. Auto sulla quale, secondo la ricostruzione degli inquirenti, Penna è stato ucciso a colpi di pistola lo stesso giorno della scomparsa.

Secondo quanto emerso nel corso dei vari gradi di giudizio e in base a quanto dichiarato anche da alcuni collaboratori di giustizia (in particolare Daniele Bono) a pianificare quel delitto sarebbero stati Bartolotta (con il ruolo di mandante), Giuseppe Matina (ucciso nella faida tra i Patania e i Piscopisani), Salvatore Foti (scomparso nel dicembre 2007) e Andrea Foti (in carcere perché condannato con sentenza definitiva a 30 anni di reclusione). Un omicidio, secondo quanto dichiarato da Bono, commesso con il consenso dei Bonavota di Sant’Onofrio e dei Piscopisani.

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