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Maltrattamenti in casa di cura: nove misure cautelari

polizia

CATANZARO

Sono 9 i destinatari di un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro, Barbara Saccà, su richiesta del sostituto procuratore Stefania Paparazzo, sotto il coordinamento del procuratore capo della Repubblica Nicola Gratteri e dell'aggiunto Vincenzo Luberto, nell’ambito dell’inchiesta “Urla Silenziose”.
Si tratta di un medico, infermieri e operatori socio-sanitari di un centro clinico del capoluogo, struttura privata convenzionata con il Servizio sanitario nazionale, specializzata nel trattamento delle malattie neuromuscolari - SLA e neurodegenerative. Il reato contestato, in concorso tra loro, è quello di maltrattamenti con le aggravanti dell’aver agito per motivi abbietti, ovvero per dispetto o per ritorsione a causa delle continue richieste di assistenza da parte di una paziente, abusando dei poteri e violando i doveri inerenti alla loro funzione.

L’indagine è scaturita a seguito delle numerose denunce sporte da una paziente affetta da SLA che, da circa cinque anni, è completamente paralizzata. La donna non ha parenti o amici vicini ma, contrariamente alla maggior parte dei pazienti del reparto, è assolutamente vigile e percepisce coscientemente gli atti di scherno posti in essere nei suoi confronti, per cui, mediante l'invio di messaggi e-mail, unico strumento a sua disposizione per comunicare con l’esterno, ha denunciato all’Autorità giudiziaria le continue condotte vessatorie di cui è stata vittima.

Gli investigatori, grazie all’ausilio delle intercettazioni ambientali, hanno potuto riscontrare quanto segnalato dalla paziente. Secondo gli inquirenti è stato possibile rilevare che, nel corso degli ultimi tre anni, la signora avrebbe subito comportamenti persecutori, vessatori, a volte aggravati da insulti, posti in essere da parte di operatori sanitari. Le condotte contestate sarebbero state perpetrate spegnendo l’audio del comunicatore, o semplicemente spostandole il monitor, impedendo così al lettore ottico di intercettare le pupille della donna; in tal modo, la paziente sarebbe stata privata non solo della voce ma anche della possibilità di impiegare il suo tempo attraverso attività quali la lettura, le ricerche su internet, telefonare ad un amico o ad un parente, leggere e scrivere e-mail; senza quel dispositivo elettronico posto di fronte al suo viso, la paziente era costretta, inerme nel suo letto, a fissare una parete, nella piena consapevolezza di non poter comandare al suo corpo altro movimento.

L’operazione “Urla Silenziose” è stata condotta dalla sezione di polizia giudiziaria del Nisa (Nucleo Investigativo Sanità Ambiente) e dalla sezione di pg della Polizia di Stato.

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