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Lei aggiustava ispezioni, lui pagava con soldi e con i "ti amo"

Lei aggiustava ispezioni, lui pagava con soldi e con i "ti amo"

Doveva finire con le nozze la love story tra Nerina Renda e Salvatore Lucchino. Ma ancora non ci sono state, nè di sicuro ci saranno finché i due si trovano agli arresti domiciliari per corruzione.

La funzionaria della Prefettura di Catanzaro e l’imprenditore lametino s’erano messi insieme dopo un paio di mesi dal bando di gara per l’apertura di un centro per immigrati a Lamezia. Lei era in servizio all’ufficio immigrazione del Palazzo di governo, lui continuava a portare tutte le carte per poter avere la convenzione. E quando è scoppiata la scintilla fra i due sono cominciati i guai, secondo gli investigatori. I due sono accusati di aver fatto proprio di tutto per poter ottenere l’appalto: lei aggiustava le relazioni ispettive fatte personalmente, lui le allungava 12 mila euro e le vendeva un villino per soli 2 mila euro.

La procura guidata da Nicola Gratteri fa risalire la «relazione sentimentale» all’aprile 2014. Il bando di gara per il centro d’accoglienza è di due mesi prima. Partecipano 11 ditte, perchè il business degli extracomunitari è molto appetibile. Vince la Fondazione Ualsi, che però non riesce ad accogliere tutto il contingente di migranti, che viene quindi distribuito scorrendo la graduatoria a Gianal e Malgrado Tutto, due aziende lametine. La prima è di Salvatore Lucchino, che nella sua città vende da tempo mezzi agricoli. Lui ha 73 anni, Renda vent’anni di meno, ed è separata. Ha una figlia e vuole sistemarla. Punta a farle aprire un B&b, e trova l’occasione giusta: Lucchino può cederle un suo villino a Feroleto Antico, alle porte di Lamezia. Il contratto di compravendita è del giugno 2015, a poco più di un anno dall’inizio della loro relazione. Renda acquista l’immobile per 2 mila euro, con la stessa cifra non sarebbe riuscita nemmeno a comprare un’utilitaria di seconda mano.

Gli inquirenti parlano di «un costante rapporto sfociato in una relazione sentimentale», che emerge anche dalle intercettazioni telefoniche fatte dalla Squadra mobile catanzarese. Perchè anche nelle love story gli affari sono affari. E Renda si dava un gran da fare per riuscire a ottenere gli appalti per il suo compagno. Tanto che lui era cotto di lei. La Renda lo confidava a sua figlia Stefania in una telefonata. Riferiva che lui le ripeteva «ti amo» e che «piangeva come un ragazzino».

A un certo punto però in Prefettura sono emersi sospetti sul lavoro della funzionaria, tanto che è stata trasferita ad un altro ufficio. Quindi niente più ispezioni favorevoli al centro Gianal lametino. Anzi, una commissione in cui la Renda non c’era, ha fatto una relazione pessima sull’immobile e l’organizzazione del centro immigrati. Da qui la revoca dell’autorizzazione del prefetto, e le lamentele della funzionaria che non vedeva più affluire i soldi del ministero dell’Interno al suo uomo. Renda non solo chiamava i suoi colleghi incaricati delle ispezioni per avere informazioni preziose, ma si rivolgeva anche ad un ex prefetto per avere consigli sul da farsi, ed era arrivata anche a scrivere una lettera a Valentino Loiero, capo della segreteria della presidente della Camera Laura Boldrini. Perchè la funzionaria diceva di conoscere bene Agazio Loiero, papà della giornalista e parlamentare catanzarese. Si lamenta della revoca, ma la Loiero le ha risposto che la Boldrini non interviene in casi come questi, e l’ha dirottata verso le commissioni parlamentari che si occupano dei centri d’accoglienza. Un modo elegante per dire di no. Un’altra porta chiusa.

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