La Cassazione ha confermato cinque condanne agli esponenti del clan Tripodi riconoscendo, di fatto, per la prima volta, l’esistenza di un’organizzazione criminale operante in modo autonomo tra Portosalvo e Vibo Marina. Il clan sarebbe stato capace di gestire appalti pubblici e, attraverso intimidazioni ed estorsioni, avrebbe controllato la zona delle Marinate mettendo le mani su ogni affare illecito.
La Cassazione, nella stessa sentenza, ha anche disposto due annullamenti con rinvio. Diventano così definitive le condanne a Nicola Tripodi (8 anni), Salvatore Vita (9 anni), Gregorio De Luca (2 anni e 8 mesi), Antonio Tripodi (7 anni e 6 mesi), Sante Tripodi (6 anni e 8 mesi). Annullate con rinvio, invece, le sentenze emesse a carico di Massimo Murano e Francesco Lo Bianco.
A fare luce sulle attività del clan Tripodi era stata, nel 2013, l’operazione antimafia denominata “Lybra”, condotta dall’allora pm della Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni (oggi procuratore capo a Paola), e dai Carabinieri di Vibo Valentia.
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