In materia di diritto sportivo è considerato un’autorità. Chi meglio dell’avvocato Mattia Grassani, dunque, può chiarire i rischi ai quali va incontro il Catanzaro Calcio in vista del deferimento? Al legale nato a Fidenza ma da sempre residente a Bologna abbiamo posto quattro domande.
- La Procura federale ritiene vi sia stata una combine tra Catanzaro Calcio e Avellino in occasione di un incontro di Lega Pro il 5 maggio 2013. Quali sono, in un caso del genere, le possibili conseguenze per le squadre coinvolte?
«La contestazione è molto pesante, trattandosi di illecito sportivo, ancorché non consumato, asseritamente commesso da più soggetti, tra cui i legali rappresentanti di entrambe le società. In questo caso, ove venga accertata la responsabilità dei presidenti, la sanzione minima per i due club, chiamati a rispondere a titolo di responsabilità diretta, sarebbe la retrocessione all’ultimo posto della classifica del campionato. Se, invece, i massimi dirigenti venissero scagionati mentre ad essere condannati fossero i direttori sportivi e/o il calciatore coinvolto, non si andrebbe oltre la penalizzazione di punti in classifica, applicandosi il metro sanzionatorio proprio della cosiddetta “responsabilità oggettiva”».
- Tra le contestazioni fatte al Catanzaro anche quella relativa alla gestione dell’esonero dell’allenatore Francesco Cozza, col presunto pagamento in nero per giungere a una rescissione consensuale anticipata del contratto. Quali ulteriori aggravi rischia la società?
«L’articolo 94 delle Norme organizzative interne della Figc prevede il divieto, per i club, di riconoscere in favore dei propri tesserati importi superiori a quelli previsti sul contratto o sui documenti per i quali è obbligatorio il deposito presso la Lega di competenza. La Procura Federale sembra intenzionata a contestare al Catanzaro - ed ai suoi tesserati - il cosiddetto “illecito amministrativo”. In proposito, l’articolo 8, comma 6, del Codice di Giustizia sportiva, anch’esso richiamato nella comunicazione di conclusione delle indagini, stabilisce che “la società che pattuisce con i propri tesserati o corrisponde comunque loro compensi, premi o indennità in violazione delle disposizioni federali vigenti, è punita con l’ammenda da uno a tre volte l’ammontare illecitamente pattuito o corrisposto, cui può aggiungersi la penalizzazione di uno o più punti in classifica”. Pertanto, il Catanzaro rischia l’ammenda fino al triplo dell’ammontare versato, secondo l’ipotesi accusatoria, in “nero”, oltre a eventuali punti di penalizzazione, pena accessoria, quest’ultima, in realtà piuttosto rara in casi simili».
- Il caso è scoppiato a fine maggio nell’ambito di un’inchiesta penale ma soltanto ora, a campionato in corso, si è arrivati alla chiusura delle indagini. Di fatto, in caso di deferimento si rischierebbe di falsare il campionato del Catanzaro (come dell’Avellino). Esiste un problema di lentezza della giustizia sportiva?
«Sulla giustizia sportiva si sono spesi fiumi di inchiostro, talvolta si definisce troppo lenta, come in questo caso, talvolta troppo veloce e sommaria. La realtà e l’esperienza, però, insegnano che certi comportamenti, soprattutto con riferimento alle combine di gare, possono essere accertati soltanto nell’ambito di indagini, spesso più ampie, condotte dalle competenti Procure della Repubblica, in quanto le autorità giudiziarie penali dispongono di strumenti e poteri istruttori molto più efficaci rispetto alla Procura Federale (come ad esempio le intercettazioni telefoniche, le perquisizioni personali e i sequestri). Conseguentemente, gli organi di giustizia sportiva molto spesso sono costretti, prima di procedere, ad attendere la trasmissione degli atti dall’autorità inquirente statuale (in questo caso la Procura della Repubblica di Palmi) prima di procedere sul piano disciplinare. In ogni caso, non parlerei di lentezza della giustizia sportiva, considerato che, per un processo sugli stessi fatti, in ambito penale, si impiegheranno svariati anni».
- La formazione catanzarese oggi è guidata da una società che nulla ha a che vedere con quella coinvolta nell’inchiesta, ma rischia ugualmente di pagare le conseguenze di presunte colpe altrui. C’è qualcosa da rivedere in questo sistema?
«Tutto è perfettibile, ma non si può certamente concepire che certi illeciti - ove commessi - restino impuniti solo perché cambia la proprietà. Il soggetto giuridico, ancorché mutata la titolarità delle partecipazioni di controllo, rimane lo stesso, per cui un club che, nella stagione precedente, abbia conseguito una promozione alla categoria superiore o abbia evitato la retrocessione, mediante il compimento di atti illeciti, non può non essere sanzionato. Tuttavia, i nuovi proprietari possono invocare, come circostanze attenuanti, il cambio di proprietà o altre evidenze dimostrative dell’estraneità e della dissociazione da certi comportamenti, non essendo previste, a livello codicistico, esimenti totali in materia di illecito sportivo. Ovviamente, sarà possibile, qualora l’esito del procedimento disciplinare determini un danno per la società (come la perdita di valore delle quote o la retrocessione in una categoria inferiore o anche soltanto un pregiudizio di immagine) promuovere azione risarcitoria nei confronti della precedente proprietà e dei responsabili dei presunti illeciti».
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