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Clan Bonavota,
chiesto il processo

Clan Bonavota, chiesto il processo

La Procura distrettuale chiede il rinvio a giudizio per dieci dei quattordici indagati coinvolti nelle operazioni “Conquista” e “Conquista2” della Dda, scattate nel dicembre del 2016 e a giugno 2017, contro vertici e affiliati del clan dei Bonavota, cosca di ’ndrangheta operante nei territorio di Sant’Onofrio e Maierato.

Nello specifico la richiesta di rinvio a giudizio – che porta la firma del sostituto procuratore Annamaria Frustaci, con il visto dell’aggiunto Giovanni Bombardieri e la supervisione del procuratore capo Nicola Gratteri – riguarda i fratelli Domenico, Pasquale e Nicola Bonavota, rispettivamente di 38, 43 e 41 anni, nonché Francesco Fortuna, 37 anni; Onofrio Barbieri, 37 anni; Giuseppe Lopreiato, 23 anni; Domenico Febbraro, 24 anni (tutti di Sant’Onofrio). Inoltre il processo è stato chiesto anche per Vincenzino Fruci, 41 anni di Curinga e per i collaboratori di giustizia Andrea Mantella, 45 anni di Vibo Valentia e Francesco Michienzi, 37 anni di Curinga.

Relativamente ad altri quattro indagati le rispettive posizioni sono state stralciate per un supplemento di indagini.

Associazione mafiosa, omicidio, danneggiamento, estorsione detenzione e porto d’armi comuni e da guerra e ricettazione in concorso i reati, a vario titolo, contestati agli indagati raggiunti nel dicembre del 2016 da un provvedimento di fermo. In particolare l’intimidazione a colpi di arma da fuoco nel 2004 alla “Giacinto Callipo converse alimentari spa” e nell’aprile del 2016 al complesso residenziale “Popilia Country Resort”. Gli indagati per i quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio devono rispondere a vario titolo di due omicidi, quello di Raffaele Cracolici (Lele Palermo) assassinato il 4 maggio 2004 a colpi di arma da fuoco a Pizzo e quello di Domenico Di Leo, alias “Micu ‘i Catalanu”, ucciso a Sant’Onofrio in via Tre Croci il 12 luglio 2014.

Relativamente all’omicidio Cracolici, Domenico Bonavota (che da qualche mese si trova ristretto in regime di 41bis) è stato assolto con sentenza passata in giudicato, così come era stato prosciolto per lo stesso delitto il pentito Andrea Mantella il quale, però, in seguito alla decisione di collaborare con la giustizia, si è autoaccusato di aver partecipato all’azione di fuoco insieme a Francesco Scrugli (all’epoca anch’egli prosciolto e a sua volta vittima di un agguato nell’ambito della faida tra i Patania di Stefanaconi e il gruppo dei Piscopisani) e Francesco Fortuna che sarebbero stati gli esecutori materiali dell’agguato. A distanza di dodici anni dal delitto Fortuna è stato incastrato dal Dna prelevato da un guanto di lattice rinvenuto all’interno dell’auto semi-carbonizzata usata per l’azione di fuoco e che nella comparazione con quello dell’indagato ha dato esito positivo.

Adesso la parola passa al gup del Tribunale di Catanzaro, che una volta fissata l’udienza preliminare nel contraddittorio tra accusa e difesa, dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta della Procura di processare gli indagati.

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