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È un pentito di Vibo la chiave per svelare la faida di Gallico

È un pentito di Vibo la chiave per svelare la faida di Gallico

Una miniera di informazioni. Gli inquirenti di Reggio definiscono «formidabile» il contributo fornito dal pentito vibonese, Daniele Bono, per ricostruire le dinamiche dell’omicidio di Giuseppe Canale, il rampollo delle ’ndrine di Gallico giustiziato il 12 agosto 2011. Il collaboratore di giustizia non si è limitato a raccontare con dovizia di particolari come avvenne l’ingaggio dei due sicari di Soriano, ma spiega con dovizia di dettagli, patrimonio esclusivo di chi conosce in maniera «diretta» e genuina la spedizione di morte. Daniele Bono si erge a fonte primaria quando indica dove sarebbe stata abbandonata la pistola con cui è stato freddato Giuseppe Canale. E nel nascondiglio al “Parco della Mondialità”, sempre nella frazione Gallico di Reggio, i Carabinieri hanno rinvenuto una pistola «tipo revolver calibro 38 con matricola obliterata» che gli esperti della sezione balistica del Ris di Messina accertano fosse esattamente la pistola utilizzata nell’omicidio Canale vista «l’identità balistica tra gli elementi sperimentali ottenuti con l’arma in sequestro e la porzione di camiciatura denominata “16 bar” sequestrata in occasione dell’evento criminoso».

Il procuratore aggiunto della Dda di Reggio, Giuseppe Lombardo, e il sostituto antimafia, Sara Amerio, che coordinano l’indagine dei carabinieri di Reggio e Vivo, capitalizzano al meglio le dichiarazioni di Daniele Bono. Che si rivela un vulcano di verità: «Fornisce una ricostruzione estremamente dettagliata sulle varie fasi dell’omicidio; il collaboratore, infatti, in maniera estremamente chiara attribuisce la responsabilità con riferimento alla sola fase esecutiva a Loielo Cristian, Figliuzzi Nicola e Callea Salvatore». Dichiarazioni che secondo il Gip di Reggio, che venerdì ha spedito in carcere tre mandanti, due sicari e il loro reclutatore, «appaiono in punto di attendibilità particolarmente aderenti al dato storico. Da un lato, infatti, si sottolinea come il collaboratore riferisca non solo informazioni de relato, ma anche evidenze e fatti cui lo stesso ha direttamente vissuto come esperienza personale; in particolare riferisce in merito alla “proposta” omicidiaria e alla preparazione del delitto, dichiarando di essere stato direttamente interessato quale esecutore materiale e di essersi, circa dieci o quindici giorni prima del delitto, rifiutato di compierlo, nonostante avesse fatto un sopralluogo a Gallico ed avesse preso contatti con il “Turi” e con il “Domenico”»; e di essersi recato «dal “Turi” per accompagnare Loielo Cristian per di ottenere il compenso del delitto».

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